Gite scolastiche troppo care, un alunno su due – dato riportato da Osservatorio sulle Gite Scolastiche – deve rinunciare e il caso approda in Parlamento. La questione – rilanciata da un’inchiesta de La Repubblica – è di stretta attualità, perché questo è il periodo in cui molte classi partono per i tradizionali viaggi d’istruzione, così Alleanza Verdi Sinistra ha deciso di presentare un’interrogazione. «Peccato che spesso le classi siano a metà – tuona Elisabetta Piccolotti della Commissione cultura di Montecitorio – complice l’inflazione che ha fatto crescere i costi, sono sempre di più gli studenti delle famiglie a basso e medio reddito che non riescono a partire. È inaccettabile, il governo deve intervenire: non c’è niente di peggio di una scuola pubblica classista. La premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Istruzione Valditara, se vogliono, possono fare qualcosa».
«È un’ingiustizia bella e buona – prosegue la Piccolotti – che un’attività che è parte del percorso formativo debba essere negata a chi non ha mezzi economici. Soprattutto la gita è socializzazione, entusiasmo, autonomia e responsabilità: chi non va finisce per sentirsi escluso dall’esperienza più bella del gruppo classe. Senza dimenticare che gli anni persi causa pandemia, che hanno costretto i ragazzi a rinunciare anche a un momento di aggregazione fondamentale».
Dunque, la crisi delle gite esplode fragorosamente, complice l’aumento dei costi che le sta trasformando in un lusso di cui può usufruire poco più della metà degli studenti italiani. Pesano, in particolare, l’incremento dei prezzi degli aerei, dei trasporti in generale e degli hotel. «Mandare un figlio in gita da tre a cinque giorni può costare dai 350 a 650 euro», spiega Anp Lazio. Rincara la dose Paolo Notarnicola di Rete degli studenti medi: «Tantissimi studenti non partiranno quest’anno perché l’inflazione pesa sulle famiglie e senza sostegni il diritto allo studio non è garantito».