Caro energia, la variante
che colpirà (anche) il turismo
Ingenuo chi credeva che il Covid avrebbe ceduto gentilmente il passo alla ripresa. Finita l’emergenza sanitaria, che dopo marzo forse non sarà prorogata, vedrà il nostro Paese, le imprese, i consumatori fare i conti con un altro male, ficcante per l’economia quanto il virus: il caro energia.
Mentre già arrivano per alcuni le prime bollette del 2022, con cifre pazzesche, talvolta triplicate, Palazzo Chigi si prepara a mettere un cerotto a mezzo decreto con un Consiglio dei ministri in agenda la prossima settimana. Un provvedimento che non si baserà su un nuovo scostamento di bilancio ma su un recupero di spesa tra i 5 e i 7 miliardi di euro.
A confermarlo è il premier Mario Draghi durante la sua ultima trasferta a Genova: «Il governo – ha anticipato – sta preparando un intervento di ampia portata nei prossimi giorni. Non dimentichiamo infatti il presente. E il presente ci fa vedere una realtà caratterizzata dalle difficoltà che famiglie e imprese hanno per l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica».
Il piano anti rincari, stando a quanto trapela, dovrebbe prevedere un tetto al prezzo del gas per aiutare le imprese, che subiranno aumenti fino al 600%, e un bonus alle famiglie che dovrebbe andare a compensare la mazzata da 1.200 euro all’anni stimata dal Codacons.
Qualche anticipazione è giunta in queste ore anche dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, che rispondendo al question time al posto del collega dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha assicurato: le misure per contrastare il caro energia daranno priorità a «chi è a rischio sopravvivenza. Resta fermo, tuttavia, l’impegno dell’esecutivo a individuare anche ulteriori misure idonee volte a mitigare l’impatto sulle imprese e sulle famiglie italiane».
«Il governo – ha aggiunto – è ben consapevole che, in tale fase emergenziale, sono state solo contenute le ricadute dell’aumento dei prezzi dell’energia su imprese e consumatori con misure compensative. Ma vista la situazione geopolitica molto complessa, si stanno valutando anche specifiche misure per ridurre la dipendenza del nostro Paese dalle importazioni di gas naturale», ha fatto sapere.
Un intervento è chiesto a gran voce anche dai Comuni che questa sera – tra le 20 e le 20.30 – metteranno in scena una protesta simbolica spegnendo le luci a piazze e monumenti per mezz’ora. Un’idea lanciata dall’Anci Emilia Romagna e sposata da molte città, tra cui Roma e Milano. Anche per le amministrazioni comunali, infatti, la stangata si preannuncia poderosa: l’aumento di spesa previsto è di circa 550 milioni di euro con le municipalità che si vedranno costrette a tagliare i servizi e alzare le tasse, scatenando un ulteriore tsunami su cittadini e aziende.
Nonostante il grido lanciato a inizio anno da voci autorevoli come quella di Carlo Sangalli di Confcommercio, il mainstream sembra essersi accorto solo ora dell’imminente batosta, con giornali come La Repubblica che oggi titolano “Caro energia: la tempesta perfetta ferma le imprese”, raccogliendo le voci di chi – come Pasta Granoro – denuncia: «Il prezzo del gas sia triplicato, la bolletta dell’elettricità salita del 150%, la materia prima del 120: eccola la tenaglia. Se un chilo di semola lo pagavo 40 centesimi, ora siamo a 85-88 centesimi. Tutto è aumentato, anche gli imballaggi e il trasporto. Tra un po’ sarà il disastro». Per questo c’è già chi pensa, tra le imprese, a schierare manager dedicati all’energia, che provino a strappare contratti di due o tre anni a prezzi bloccati.
Da parte sua, il Centro Studi Confindustria, in un rapporto appena pubblicato, evidenzia un calo della produzione industriale dell’1,3% a gennaio: in diversi casi, si legge, produrre non è più conveniente, una dinamica che “mette a serio rischio il percorso di risalita del Pil”.
Non lascia spazio a dubbi la posizione del presidente della stessa Confindustria, Carlo Bonomi, che al Tg1 dichiara: «Il caro energia è la vera mina sulla strada della ripresa italiana», con l’industria che nel 2022 pagherà una bolletta di 37 miliardi rispetto agli 8 degli anni passati. «Da qua – dice – si capisce la dimensione del fenomeno, noi abbiamo più bisogno di interventi congiunturali, servono quelli strutturali».
La batosta riguarda anche le aziende del turismo, colpite come le altre dai rincari, dalla possibile futura contrazione della domanda, oltre che dalla crisi dovuta alle restrizioni ai viaggi che – fatta eccezione per i corridoi turistici e poco altro – tuttora permangono nel nostro Paese.
Tra i segmenti più colpiti, certamente quello del trasporto aereo con i prezzi del jet fuel alle stelle: la media di gennaio ha superato gli 800 dollari a tonnellata metrica, riportando le quotazioni ai livelli del 2014. Inevitabili le ricadute sui conti delle compagnie e sulle tariffe dei biglietti.