by Roberta Rianna | 20 Giugno 2018 12:26
Tra il respingimento dell’Aquarius e l’idea di censire i rom, il tuttologo Matteo Salvini – le cui competenze non sembrano affatto volersi limitare a quelle di ministro dell’Interno – l’ha buttata lì anche sul turismo. «Stiamo in Italia, state in Italia. Abbiamo il mare e la montagna più belli del mondo, non c’è bisogno di andare a migliaia di chilometri di distanza», ha detto a TeleLombardia il leader della Lega nell’ennesimo moto di autarchia.
Perché dopo #chiudiamoiporti, il passaggio successivo non poteva che essere #chiudiamogliaeroporti. Si fa per dire, si gioca con le parole, ci perdoni. Tanto più che, in questa fase, critica e satira sono armi spuntate, incapaci mai come ora di pungolare i poteri forti. Sappiamo – noi giornalisti – che ogni volta che riportiamo il Salvini-pensiero, nel male o nel bene, gli offriamo quel megafono in più che il genio mediatico sa di potersi aspettare.
Per questo l’idea iniziale era astenersi da qualsiasi commento, in attesa della Notizia con la N maiuscola: magari la più attesa, la tanto decantata transizione del turismo dal ministero della Cultura a quello dell’Agricoltura, pronto a diventare fortino del Made in Italy sotto la guida di Gian Marco Centinaio.
Ma il passaggio di delega tarda ad arrivare, il suddetto Centinaio dichiara in radio che di questo passo rischia «di diventare nonno» e noi che di mestiere scriviamo, qualcosa dobbiamo pur scriverla. E allora eccoci qua a sottolineare che, con quell’uscita a TeleLombardia, il novello Matteo nazionale (bye bye Renzi) si è totalmente scordato di quelle 10mila aziende e oltre che in Italia lavorano per mandare i turisti all’estero.
Outgoing, si chiama outgoing, gentile ministro. Si ricordi questo termine nelle interviste future. Un settore che forse non smuove il suo orgoglio, ma che ha un notevole peso specifico nel business del turismo madeinitaliano (seguiamo l’esempio di Giorgia Meloni con nomadare) e che se vuole possiamo chiamare in altro modo: outgoingo con la O finale, se preferisce.
Altra cosa, caro ministro, non si dimentichi che buona parte del nostro belpaese soffre di iperaffollamento e gli slogan approssimativi possono trasformarsi in atti di autolesionismo di tafazziana memoria. Avesse parlato di borghi da valorizzare, come chi l’ha preceduta, pur annoiati l’avremmo compreso e virgolettato nei titoli. Ma l’invito a “non viaggiare lontano”, oltre a risultare miope e demodé, è addirittura pericoloso.
Del resto lei è il politico più followato (ci risiamo con i neologismi) d’Europa e un suo battito d’ali a Roma, Ivrea o dove cavolo si trova quando parla, genera tornadi altrove. È una farfalla, ministro Salvini. Una farfalla che, svolazzando sui media, rischia di alterare i venti che sferzano impetuosi sulle vite degli italiani. Agenzie di viaggi e tour operator compresi.
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