Sulla vicenda del decreto caro voli, oggetto ieri di un vigoroso botta e risposta tra Ryanair e il governo, torna a prendere posizione anche l’Ibar – l’International Board of Airlines Representatives, associazione italiana delle compagnie aeree che più volte si era pronunciata sul tema.
Ora torna alla carica e, attraverso una nota, evidenzia come il dl 104/2023 con cui sono state introdotte una serie di condizioni, soglie e parametri, come lo stato di emergenza, picchi di domanda, stagionalità, rapporto con il prezzo medio del biglietto, che possono potenzialmente far scattare un divieto per le compagnie aeree di fissare i prezzi e definire i servizi come ritengono opportuno, sia stato “mal concepito”. Lo stesso decreto vieta l’adozione di presunte “pratiche commerciali scorrette”, quali la profilazione della clientela o l’identificazione dei dispositivi per le prenotazioni online.
Ibar rileva che “seppur limitato alle rotte nazionali e principalmente da/per le Isole, questo atto legislativo costituisce un pericoloso precedente e viola il regolamento Ce 1008/2008 che garantisce la libertà tariffaria per le compagnie aeree su tutti i servizi aerei intra-Ue, senza distinzioni tra rotte nazionali e rotte europee”,
Diverse associazioni di compagnie aeree nazionali ed europee, come Assaereo, A4E e la stessa Iata, hanno più volte espresso le loro preoccupazioni, sia ai ministeri competenti italiani che alla stessa Commissione Ue, e sono pienamente allineate a difendere il principio di libero mercato che, dopo la liberalizzazione del settore, ha apportato grandi benefici ai viaggiatori e all’economia europea.
La nota dell’Ibar si chiude con la “soddisfazione per l’interesse dimostrato dalla DG Move dell’Ue (la direzione generale Mobilità e Trasporti, ndr) nonché la loro tempestiva richiesta di chiarimenti da parte delle Autorità italiane”, promettendo di “seguire da vicino l’iter legislativo prima della trasformazione del decreto in legge”.
“A nostro avviso – conclude – uno Stato membro Ue può limitare le tariffe esclusivamente sulle rotte per le quali è stato imposto un onere di servizio pubblico, previa consultazione degli altri Stati membri interessati e dopo aver informato la Commissione Ue, gli aeroporti interessati e i vettori aerei che operano sulla rotta”.
A distanza di 24 ore dalla doppia conferenza stampa in Italia, torna in pressing sull’esecutivo italiano anche Ryanair, che ora chiede ufficialmente al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, di “ritirare il decreto illegale sul controllo dei prezzi, di cui né lui né il suo ministero sono in grado di spiegare il funzionamento”.
“Il decreto sul controllo dei prezzi – si legge in una nota del vettore – viola il regolamento Ue 1008/2008 sui servizi aerei, che garantisce a tutte le compagnie aeree dell’Ue la libertà di fissare i prezzi e che negli ultimi anni ha permesso di abbassare le tariffe e di ottenere un’incredibile crescita del traffico in Italia”.
Ancora una volta durissime le parole del ceo di Ryanair, Michael O’Leary: «ll ministro Urso ieri ha affermato che l’Italia è un “Paese sovrano”. Tuttavia, la prova della sovranità di un Paese è il rispetto degli accordi internazionali. Il Ministro Urso deve ora ritirare il decreto».
E ancora: «L’illegale e illogico decreto del ministro Urso sul controllo dei prezzi, se non ritirato, avrà l’effetto opposto, poiché ridurrà la capacità aumenterà ulteriormente le tariffe sulle rotte nazionali verso la Sicilia e la Sardegna. Se il ministro è seriamente intenzionato a far crescere il traffico e a ridurre le tariffe per le Isole, allora dovrebbe eliminare l’addizionale municipale italiana, che penalizza ingiustamente i voli nazionali e che, se ritirata, produrrà un rilevante aumento della capacità e tariffe aeree molto più basse sia per la Sicilia che per la Sardegna».