Da internet alle carte di credito: ora nel mirino dell’Antitrust Usa, dopo i colossi della rete, ci è finita Visa, uno dei maggiori player delle credit card, con l’accusa di monopolio illegale nel mercato delle carte di debito.
Visa è accusata di abusare della sua posizione dominante per imporre accordi esclusivi a banche ed esercenti. La denuncia del procuratore generale Merrick Garland è piuttosto esplicita e pesante: «Visa ha acquisito illegalmente il potere di addebitare commissioni che superano di gran lunga quelle che potrebbe ottenere in un mercato competitivo».
Ad oggi, solo negli Stati Uniti Visa gestisce oltre il 60% delle transazioni di addebito generando 7 miliardi di dollari all’anno (6,2 miliardi di euro) in commissioni riscosse ogni volta che le transazioni vengono inoltrate attraverso la sua rete. Una posizione “dominante” che secondo l’Antitrust viene perpetrata attraverso accordi con emittenti di carte, commercianti e concorrenti. Secondo i media è uno degli ultimi atti dell’amministrazione Biden per affrontare il tema caldo delle commissioni di interscambio che generano diffusi aumenti dei prezzi a danno dei consumatori.
Di certo la circostanziata denuncia dell’Antitrust ha avuto immediatamente gli onori della cronaca finanziaria dove è stata riportata la testuale accusa del procuratore Garland: «La condotta illegale di Visa influisce non solo sul prezzo di un singolo prodotto, ma sul prezzo di quasi tutto. In tal modo i commercianti e le banche trasferiscono ai consumatori i costi delle reti di pagamento».
Quello delle credit card è già stato terreno di contenziosi col Dipartimento Giustizia: dall’aprile scorso anche la rivale Mastercard è sotto indagine con l’accusa di illecito predominio nel mercato delle carte e non più tardi di quattro anni fa, poco prima dello scoppio della pandemia, Visa e Mastercard avevano transato un contenzioso con il pagamento di 5,6 miliardi di dollari (circa 4,8 miliardi di euro) a favore di commercianti statunitensi che avevano intentato una class action con l’accusa di aver condotto pratiche anticoncorrenziali.