by Fabrizio Condò | 8 Maggio 2024 7:00
Ha una convinzione forte: «Con una continuità “politica” e un programma a lunga scadenza il turismo diventerebbe, nei fatti, il primo motore del Paese». Niente cravatta, stile sobrio, idee chiare. Che sia un discorso o un’intervista, per Franco Gattinoni il mantra non cambia. Neppure con lo sfondo da cartolina di Istanbul e la voce del muezzin come colonna sonora a cadenze precise. Metà aprile, ma fuori piove e fa freddo, non sembra nemmeno di stare sul Bosforo: tre ponti uniscono l’Europa all’Asia, tre come i pilastri su cui poggia il Gruppo, proiettato verso un futuro che è già cominciato: fiducia, cambiamento e multicanalità.
Ecco perché Gattinoni ha dato appuntamento qui, all’Atatürk Cultural Center Akm, a 400 agenti di viaggi provenienti da tutta Italia, ai rappresentanti dei top partner, agli esponenti delle aziende sponsor e delle istituzioni turche, padrone di casa. “Connecting people, verso nuove prospettive[1]”: più emblematico di così il titolo della convention Gattinoni travel network non potrebbe essere. E alla fine, quando incontra la stampa, circondato dal suo Stato maggiore, il presidente è sorridente e soddisfatto, ma “con juicio”: perché, come ha sottolineato poco prima rivolgendosi alla platea, «resto convinto che per il nostro settore ci sia un bel futuro e le agenzie di viaggi ne faranno parte», ma non è il momento di fermarsi. Anzi.
Alcuni giornalisti si piantano davanti a lui, altri si accomodano sui gradini che conducono al palco, dal quale Gattinoni ha guidato la convention, seguito dai suoi “ufficiali”. Non è un caso che Sergio Testi, al passo d’addio come direttore generale[2], sia al suo fianco, con gli occhi lucidi. Celesti, invece, quelli di Franco Gattinoni, che fissa con attenzione l’interlocutore di turno.
Luogo più iconico non poteva esserci per gettare un ponte ideale verso il futuro del Gruppo, non è stato scelto a caso.
«Assolutamente no. Istanbul non è stata indicata affatto in modo casuale per ospitare la convention e ci sono diversi motivi. È una città che non solo ha un valore enorme dal punto di vista storico, ma è una metropoli super moderna, con un porto di un livello così alto che in Italia ce lo sogniamo. Se c’è una città ipertecnologica e proiettata nel futuro, quindi, è proprio questa».
La Turchia è un’occasione da cogliere per l’Italia?
«Sì. Ho l’impressione che questo sia un Paese che noi ancora non conosciamo molto bene. Basta vedere Turkish Airlines: ha 143 voli dall’Italia da nove aeroporti diversi su Istanbul. E l’opportunità è bidirezionale. Sarebbe fantastico avere gli stessi numeri con un vettore italiano, che purtroppo ad oggi non abbiamo. Ecco perché dobbiamo cominciare ad aprire gli occhi e a mettere il naso fuori dai nostri confini per vedere quello che succede».
Da Istanbul parte quindi la nuova sfida di Gattinoni: presidente, dove ci vedremo fra vent’anni?
«Sicuramente ci ritroveremo con un’azienda più grande rispetto a quella attuale. Ancora più bella di quella di oggi e con una possibilità di fare un business che a noi piace. Deve essere, infatti, oltre che emozionale e di passione, molto più professionale e industrializzata. Riuscire a tenere vicino queste due anime è la missione di tutto il Gruppo e anche la mia personale».
La “non conoscenza” di una realtà come la Turchia è il sintomo di un pregiudizio e di una miopia difficili da sconfiggere. È un discorso che secondo lei vale anche nei confronti del turismo in generale?
«È la verità. Se vogliamo ricorrere a un parallelismo, dobbiamo conoscere un po’ meglio la realtà del turismo organizzato, un aspetto che dovrebbero comprendere tutti, a partire dai vertici del governo e dalla politica nel suo insieme. Spesso parliamo di turismo, ma non riusciamo a capire la complessità e la potenzialità del settore. Dobbiamo “legare” tutti i discorsi che ruotano attorno al travel, sia quello outgoing che incoming. Ecco perché va messo in risalto il ruolo del turismo organizzato, che mette insieme tutta una scala di attività. Fattori che poi incidono sul Pil italiano».
Insomma, è ora di tirare una linea e ricominciare daccapo, smettendo di snobbare la galassia turismo e ogni singolo elemento.
«Esatto. Noi abbiamo spesso sottovalutato le aziende del comparto, senza capire che il turismo è la prima industria al mondo. E noi siamo nel Paese che, potenzialmente, dovrebbe essere il primo al mondo nel settore. E infatti non lo siamo, accontentandoci di quello che abbiamo ereditato. Dobbiamo smetterla di speculare su questo, ma cominciare a lavorare “noi”, oggi, e guadagnarci quello che ci spetta all’interno di un Paese che merita molto di più».
Dopo tanti anni in trincea, anche da presidente dell’associazione Fto, non è stanco di portare avanti queste battaglie contro i mulini a vento di un Paese che fatica a recepire le esigenze di un settore fondamentale?
«Diciamo la verità. Non è che non veniamo ascoltati, magari lo fanno anche, ma spesso mancano proprio le strutture idonee per comprendere fino in fondo le nostre richieste. La buona volontà di venirci incontro c’è, però mancano la capacità di sintesi, di progettare un programma a lunga scadenza per i governi che si avvicendano. Ecco, c’è bisogno di continuità: è questa la vera lacuna. Mi spiego: se un piano funziona, ci deve essere la possibilità di portarlo avanti, non si può troncare sul più bello perché cambia l’esecutivo. La nostra azienda ha 41 anni di attività alle spalle e stiamo già guardando ai prossimi 40. Il governo, invece, spesso ragiona a tre o cinque mesi, ma a noi serve più tempo per finalizzare progetti importanti».
Una storia di 41 anni insegna che gli uomini cambiano, il Gruppo Gattinoni resta. Ma sarà davvero lo stesso anche senza una colonna come Sergio Testi?
«Chiediamolo a lui», risponde il presidente, indicando il direttore generale uscente, in piedi al suo fianco, ancora visibilmente commosso per la standing ovation ricevuta. «Non verrà a mancare nulla – sottolinea Testi con la consueta affabilità – Tutti sono sostituibili e questa azienda ha fatto un grande investimento sui giovani nel corso degli ultimi anni. Quindi ci sarà un’accelerazione importante, perché affiancherà figure come quella di Mario (Vercesi, nuovo amministratore delegato di Gattinoni Travel[3]) o come quella di Antonella (Ferrari, direzione network Gattinoni Travel), alle nuove leve, che rappresentano già oggi il successo del Gruppo. E lo saranno ancora di più in futuro. Io – e chiude così, con gli occhi lucidi – lascio una famiglia».
Le emozioni non si raccontano, si vivono e allora scatta l’applauso dei presenti per un pezzo di storia che lascia. Testi è uno dei piloni del ponte Gattinoni gettato sul futuro: d’altronde siamo qui a Istanbul per questo no? E allora è il momento di guardare anche agli aspetti più tecnici e a quello che c’è da migliorare per crescere ancora.
Questo comparto, ad esempio, ha una marginalità – cioè la redditività, i guadagni ottenuti attraverso la vendita di beni e servizi offerti dall’azienda – di gran lunga inferiore rispetto ad altri settori merceologici che viaggiano a due cifre. Siamo intorno al 3%. Si può fare di più?«In realtà – precisa Gattinoni – sul fatturato la marginalità è maggiore, ma non mi soffermerei troppo su questi dati. Di base siamo un’azienda che ha sempre marginato bene e quindi siamo un’eccellenza nel settore. Nonostante questo, la marginalità rimane molto bassa, a causa di una situazione traumatica e c’è voluta molta resilienza per ottenere buoni risultati. C’è però un aspetto da sottolineare: abbiamo un nostro modello che ha meno rischi, quindi per noi la marginalità è meno significativa rispetto ad altri operatori».
Per completare il percorso manca l’ultimo tratto di ponte: il Gruppo Gattinoni scrive il manifesto del turismo che verrà.
«Siamo in grado di presidiare il settore e abbiamo tutti gli strumenti per farlo: l’interconnessione, le competenze, la tecnologia, le persone, gli investimenti, la comunicazione di un brand di valore. Continueremo a investire, a costruire il futuro, con la volontà di aumentare anche la redditività: in quest’ottica sproniamo ogni singola agenzia a concentrarsi anche sulla propria marginalità, sul controllo di gestione. Il nostro settore deve prefiggersi l’etica del giusto guadagno e il mercato ci sta incoraggiando a continuare sulla strada percorsa, che è sempre quella di nuove prospettive condivise».
Il ponte è solido, la sponda opposta è così vicina da sembrare a portata di mano. Il futuro è oggi. Intanto, non troppo lontano dalla Turchia, dove ci troviamo, spirano venti di guerra: dal conflitto russo-ucraino[4] a quello tra palestinesi e israeliani[5].
Su questo tema Gattinoni non tergiversa e dice la sua con chiarezza dal palco del Centro Culturale Atatürk di Istanbul.
«Il turismo vuole portare un messaggio di pace, perché significa connessione tra i popoli. Ci sono tragici fatti che incidono sul travel in alcune aree, dove purtroppo il turismo è in stand by. È la nuova frontiera con cui dobbiamo fare i conti dopo il Covid, ma siamo già stati in grado di adattarci ai cambiamenti e alle novità di vendita, sapendo che ora viaggia tutto più veloce»
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