by Franca D'Agostino | 6 Aprile 2016 19:46
È l’alba, il traghetto fila su un mare liscio come l’olio, e alle prime luci vedi sfilare le coste di Lefkada. Ancora poco e la nave si infila nel porto di Sami, approdo obbligato per chi arriva via mare a Cefalonia, la più grande tra le isole ionie. Scendi, un po’ frastornato dalla nottata in bianco e ti ritrovi avvolto in una luce che non avevi mai visto prima. E allora ti rendi conto che Louis de Bernères, quando l’ha descritta ne “Il mandolino del Capitano Corelli”, ha saputo rappresentare una delle più grandi magie di quest’isola meravigliosa: una luce pura, che rende tutto nitido, una luce che accarezza il mare, le colline, il monte Enos, i boschi verdissimi, le casette bianche e azzurre, perfino le persone.
Mi sono innamorata di Cefalonia a prima vista, come mai mi era successo in altre parti del mondo. E non è solo per le spiagge (una quarantina, suddivise tra est, ovest e sud dell’isola) che sono bellissime e di tutti i tipi – dalla sabbia bianca come farina, agli scogli, ai ciottoli, tutte affacciate su un mare che abbraccia ogni tonalità del blu: turchese a Myrtos, blu cobalto a Antisamos, acquamarina ad Assos. È l’atmosfera che si respira nell’isola, è l’accoglienza amichevole e totalmente disinteressata degli isolani: i cefalleni sono considerati ‘pazzi’ dal resto della popolazione greca.
Qui non esiste assalto al turista, che è il benvenuto e si integra immediatamente con i ritmi rilassati e poco festaioli di chi qui ci vive.
Ci vai una volta, e sei intrappolato: Cefalonia ti rimane negli occhi e nel cuore tutto l’anno, vuoi tornare ancora e ancora, anche d’inverno, perché non rappresenta una vacanza, ma il sogno di una vita, come ti sarebbe piaciuto viverla.
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