Una giornata particolare, quella di sabato. Il pick up è in piazza Esedra, con un pullmino Volkswagen che ti porta in via delle Sette Chiese, sede romana di HR Tours, dove sostano una quarantina di auto d’epoca, per lo più Spider cabriolet. Ma ci sono anche Bianchine, Maggioloni, una decina tra Vespe e Lambrette. Stringi la mano a Stefano Lombardi, basco all’indietro, sguardo lungo. È il proprietario-visionario di quest’azienda fondata nel Duemila ma proiettata nel secolo scorso con i suoi tour vintage, dedicati per il 90% agli stranieri del Mice. E che ora intende aprirsi al leisure per minigruppi e individuali high spender, attraverso tour operator e agenzie di viaggi dettaglianti (per informazioni hri@happyrent.com).
Sali a bordo di una 500 bianca targata Roma. C’è il sole sull’Appia Nuova, lungo la strada che porta ai Castelli. E tenti Il Sorpasso sulla Spider, ti senti come in un film di Dino Risi. Inforchi gli occhiali da sole, la sciarpa rossa: altro che Vacanze Romane.
Guidare un mezzo d’epoca, per noi italiani, è una liturgia, un’azione che suscita riverenza: come trovarsi di fronte un cardinale, chessò, la notte di Natale. Massimo rispetto per un’industria che ha fatto grande l’Italia negli anni del boom. Il volante, lo accarezzi. Il cambio come uno scettro. E guai a fumare a bordo.
La domanda è: gli stranieri hanno la stessa sensibilità? O affidargli un’auto d’epoca senza accompagnatore è un rischio per HR Tours? La risposta di Lombardi è netta: «No, nessun timore. Chi sceglie un mezzo così in genere ha la passione. E poi si tratta di slow drive, anche sulle auto più performanti non si superano mai certe velocità e la macchina è al sicuro». Perché il gusto di guidare una Spider non è schiacciare il piede sull’acceleratore. «La gente ti saluta, sorride e tu ti emozioni. È questo il bello», dice Stefano.
Il gran raduno, in questo sabato italiano, è a Castel Gandolfo. Giusto il tempo di una foto dall’alto che fa tanto La La Land. E di una sosta al Ristorante Pagnanelli, con i suoi tavoli fronte lago, le ghirlande di glicini e 30mila bottiglie di vino autografate da vip come Keanu Reaves. Giusto il tempo di prosecco e finger food in una cantina scavata nella roccia, che presto diventerà museo, con un’esposizione di cavatappi e altri strumenti d’antan.
Marcia indietro, dunque. Stavolta a bordo di una Spider nera, con il suo rombo e i sedili in pelle, ideale per i selfie mentre il sole tramonta dietro i Castelli.
È il crepuscolo quando si imbocca l’Appia Antica, la strada delle strade, quella che da Roma arrivava fino a Brindisi e per questo veniva chiamata Porta d’Oriente. La via delle catacombe: perché un tempo, per questioni igieniche, si preferiva seppellire le ceneri in monumenti fuori le mura.
E proprio sotto il colossale Mausoleo di Cecilia Metella incontriamo il signor Massimo Magnanimi, da quarant’anni ristoratore dell’Appia. La sua Hostaria Antica Roma accoglie noi e le auto nel vialone di fianco alla Fraschetta, appendice del ristorante, che sforna panini per i viandanti dell’Appia.
Strette di mano, brindisi, finché il sole non tramonta davvero. E si torna alla realtà con il pullmino Volkswagen che, un po’ come Caronte, ti riaccompagna alla metro A. Rieccoci nel 2017.