Check-in fai da te, Milano dice basta all’invasione di keybox

by Redazione | 28 Maggio 2024 11:24

Dopo i lucchetti dell’amore che, partiti dal romano Ponte Milvio, hanno poi invaso ponti e luoghi iconici degli innamorati di tutta Italia, c’è stata un’altra invasione di “simil-lucchetti”, o meglio scatoline-lucchetto. Questa volta però non per affari di cuore, ma solo per affari.

Sì, perché i lucchettoni modello mini cassaforte che vediamo sempre più spesso attaccati ai muri dei palazzi, o agganciati a cartelli stradali, ringhiere, cancelli, in città come Milano, Firenze, Verona, sono le cosiddette “keybox“, dove i proprietari di case affittate a breve termine – vedi Airbnb che ne suggerisce proprio l’utilizzo agli host – lasciano le chiavi per il check-in fai da te evitando di incontrare l’ospite e fornendogli il codice per sbloccare la mini cassaforte direttamente via remoto o dal telefono.

Le keybox a Milano, come riporta il Corriere della Sera, sono ormai talmente tante che fanno parte dell’arredo urbano come ospiti indesiderate un po’ ovunque nella città, in zone centrali, come in quelle più defilate.

Se ne possono trovare lungo i Navigli, ma anche nella centralissima via Borgonuovo attaccate alle grate di un palazzo del Settecento, in via Cappuccio, in via Brisa, un tempo sede del palazzo imperiale, oppure agganciate al cancello perimetrale del parco di Palazzo Serbelloni. L’elenco delle vie deturpate dalla presenza di questi oggetti di plastica è lungo e si spinge fino in zona Duomo, proprio sotto la Madonnina.

C’è chi li definisce “un vero obbrobrio” tanto che il Consiglio comunale della città ha da poco votato una mozione che ne chiede la rimozione coatta e le keybox sono state vietate anche nel nuovo Regolamento di civica convivenza e polizia urbana, presentato dalla commissione Sicurezza che verrà votato nelle prossime settimane, con l’accordo, per una volta, unanime dell’assemblea.

«Il fenomeno va regolamentato – spiega Michele Albiani, presidente della commissione Sicurezza e coesione sociale e consigliere comunale a Palazzo Marino – Nessuno vuole fare una guerra alle piattaforme di affitto a breve termine, ma a chi ne abusa. Io stesso, qualche anno fa, facevo il “co-host”, ossia accoglievo chi affittava una stanza per consegnargli le chiavi. Ma oggi, invece di pagare una persona, si preferisce riempire la città e invadere degli spazi pubblici con le keybox».

Il problema “scatoline-decoro urbano” era già stato sollevato a inizio maggio anche a Firenze dopo che una keybox era spuntata su una colonna storica del centro della città, all’angolo tra via dei Cerchi e via dei Cimatori. La scatolina era stata addirittura inchiodata sull’antico monumento. Insomma, l’anonimo proprietario, destinato a rimanere tale, ha compiuto una vera e propria deturpazione di un bene storico-artistico che non si allontana  dagli imbrattamenti ai monumenti storici che vengono puniti con sanzioni da 1.000 a 3.000 euro e con pene che vanno dai sei mesi ai tre anni di reclusione.

Anche a Verona le keybox sono diffuse e molto utilizzate dai locatori turistici; ormai ce ne sono parecchie concentrate in centro affisse sulle facciate dei palazzi, accanto ai portoni, ma la città per ora sembra tollerarle.

Discorso diverso invece nella Serenissima: a Venezia infatti la Soprintendenza, sull’esempio di quanto sta succedendo all’estero, ne chiede la messa al bando.

La città vuole seguire Parigi, Nizza, Lille e altre città francesi in cui le scatoline sono state vietate; a New York sono ancora più avanti e chi utilizza le keybox rischia di incorrere in multe salate.

A Roma per ora non se ne vedono, forse perché agli host romani piace ancora l’ospitalità vecchio stile: ci si presenta sul posto, si incontra l’ospite, si danno le chiavi dell’appartamento, ma si fanno anche due chiacchiere con lui o loro raccontando le meraviglie della città Eterna, senza fretta.

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