Concessioni balneari, pit stop per le elezioni europee
Un turbinio di notizie, tra dichiarazioni e smentite, sul quale calano come una mannaia le elezioni europee. La spinosa vicenda delle concessioni balneari subisce ora un inevitabile rinvio causa urne, ma non bisogna perdere di vista il valore economico, almeno in Italia, di una realtà imprenditoriale destinata ad adeguarsi alla normativa Ue.
Se il Consiglio di Stato, in ben tre sentenze, ha ribadito che le proroghe sono “illegittime” e che occorre bandire “immediatamente” le gare per l’assegnazione delle nuove concessioni, è anche perché nel nostro Paese si era consolidata una prassi dove lo Stato non ha mai incassato quanto invece avrebbe potuto incamerare: a oggi si stimano circa 16.000 concessioni erogate a fronte di un ricavo di “appena” 100 milioni di euro.
Cifra che la stessa Corte dei Conti considera irrisoria rispetto al valore demaniale dato in concessione. Ma intorno al “business-spiagge” ruotano almeno 31.000 imprese con una ricaduta occupazionale di 300mila addetti, in buona parte stagionali. Sono proprio questi ultimi due valori a pesare sul piatto di una bilancia e che il governo non può ignorare, visto il pressing di sindacati d’impresa legittimamente esasperati da anni di immobilismo degli esecutivi che si sono succeduti.
In altri Paesi europei come Croazia, Grecia e Francia vengono regolarmente indette le gare richieste dalla direttiva Bolkestein, mentre ci sono Paesi come la Spagna dove non esiste affatto il concetto di concessione demaniale e altri come il Portogallo, dove vige una sorta di “prelazione” a vantaggio di chi già detiene una gestione e infatti è lo Stato che ha già subìto la procedura d’infrazione da parte dell’Ue. Intanto sono partite le ispezioni dei tecnici che a Rimini stanno facendo le rilevazioni per l’individuazione lungo l’intero arenile delle aree oggetto di concessione.
Ma è bene anche ricordare di come si sia arrivati alle concessioni balneari in Italia. Esiste il Codice della Navigazione, nel quale le spiagge vengono menzionate quali “Beni del demanio marittimo” che possono essere assegnati anche in via esclusiva ai privati, attraverso una concessione per un determinato periodo di tempo. A questa misura nel corso degli ultimi 30 anni si sono succedute proroghe fino all’ultimo provvedimento che stabiliva una maxi-proroga fino al 2033.
È in questa fase che è intervenuto il Consiglio di Stato delegittimando queste misure e ritenendole contrarie ai dettami comunitari. Il vero nodo dell’intera vicenda è che, sebbene le spiagge siano demanio dello Stato, la loro gestione è però affidata ai Comuni e in taluni casi alle autorità portuali. In questi ultimi mesi – vedi il caso Jesolo – in diverse zone d’Italia si è proceduto in ordine sparso con singole iniziative non certo armonizzate. Di fatto si dovrà ormai attendere il post-elezioni europee per veder ripartire la delicatissima corsa verso l’epilogo della vicenda.