by Giuseppe Rinaldi | 5 Settembre 2023 14:05
La guerra agli affitti brevi e ad Airbnb si allarga e arriva negli States. Da oggi a New York City entra in vigore una legge che vieta di affittare un intero appartamento per meno di 30 giorni. Sarà possibile locare ai turisti, al massimo due, soltanto la casa in cui si vive. Da qui parte la rivoluzione sull’offerta turistica lanciata dalla Grande Mela. Nuove regole e obblighi con l’obiettivo di contenere la proliferazione incontrollata degli affitti brevi e di preservare così le abitazioni per i soggiorni di lungo periodo.
Nello specifico è previsto che l’affitto per meno di 30 giorni sia consentito solamente per una o più stanze e l’host deve dimostrare di vivere nell’appartamento durante il soggiorno dell’ospite o, al massimo, dei due ospiti. Le porte all’interno dell’abitazione dovranno rimanere aperte, in modo che gli ospiti possano accedere all’intero appartamento. Non solo. Si prevede che chi vuole affittare una stanza o un appartamento debba procedere alla registrazione presso gli appositi uffici della città per ottenere una licenza, una “certificazione di conformità” alle norme sull’occupazione e ai regolamenti sull’edilizia.
Questo è il dato più dolente e contestato: in base alle nuove regole a New York migliaia di affitti Airbnb (si stimano circa 7.500 unità) potrebbero infatti essere ritirati dal mercato. Potrebbero scomparire dagli annunci della piattaforma home sharing fino al 70% delle locazioni disponibili. Questo anche perché, come lamentano numerosi host e proprietari di immobili, gli uffici cittadini preposti stanno faticando a tenere il passo degli arretrati di richieste di licenza avviate prima del giro di vite scattato oggi. Tra l’altro, per chi non rispetterà queste regole è prevista una sanzione civile di 5.000 dollari per ogni violazione.
La posta in gioco è alta. Basta considerare che Airbnb nelle scorse settimane ha affermato di aver guadagnato 85 milioni di dollari nel 2022 a New York City, ovvero circa l’1% del suo totale. Le novità riguardano anche i piccoli o grandi imprenditori che hanno effettuato investimenti nell’home sharing e i viaggiatori, molti dei quali dovranno rapidamente trovare altre opzioni o cambiare abitudini di prenotazione.
La stretta sugli affitti brevi in questi mesi ha riguardato tante altre metropoli europee, Amsterdam, Barcellona, Parigi, che hanno deciso di normare il settore. E in Italia? Il dibattito si è aperto da mesi, con la proposta annunciata dal ministero del Turismo[1] e il confronto avviato – non senza critiche – con sindaci, stakeholder e categorie. Il disegno di legge non è ancora stato licenziato, nonostante gli auspici della ministra Daniela Santanché prima della pausa estiva. L’obiettivo è portare in Parlamento quanto prima una norma che regolamenti “il Far West sugli affitti brevi”.
I punti nodali della proposta sono: la permanenza minima imposta di due notti, soprattutto nei centri più popolari; il Codice unico identificativo (Cin), che non dovrà essere più regionale ma nazionale, e da esporre negli annunci pubblicati su Airbnb e Booking; e un diverso sistema di tassazione: chi ha sino a due case avrà la cedolare secca, chi ha da tre case in su si dovrà invece adeguare alle tassazioni delle imprese. L’intento, ha tenuto più volte a sottolineare la ministra Santanché, è anche quello di “evitare una criminalizzazione delle famiglie che affittano le loro case, se noi avessimo più alberghi anche questo fenomeno sarebbe diverso”.
Le nuove regole imposte da oggi a New York sugli affitti brevi potrebbero dunque accelerare il percorso anche in Italia per giungere finalmente a una regolamentazione del settore.
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