Covid e vacanza rovinata:
ora il cliente è responsabile
C’era una volta la vacanza rovinata e i classici contenziosi tra viaggiatore e adv-t.o. Il Covid ha sparigliato le carte nel mondo dei reclami e delle cause risarcitorie, al punto che gli esperti non si sorprendono come in certi casi i ruoli si siano addirittura ribaltati: è il cliente, oggi, che deve informarsi al meglio e avere cognizione dei nuovi rischi di un soggiorno turistico.
Di sicuro l’emergenza coronavirus ha mutato l’approccio al viaggio, mettendo in pratica un certo tipo di turismo responsabile. Tanto che, da questa crisi, operatori e agenzie dovranno ricostruire la propria identità professionale. Ma come dicevamo, mentre cambia il modo di viaggiare, cambiano anche le coordinate della vacanza rovinata.
Se nel periodo pre-Covid c’era una vistosa sottolineatura sugli obblighi di informative da parte di t.o. e adv nei confronti del cliente, ora una sentenza della Cassazione di luglio (n°14257/2020) determina che “se il t.o. consegna ai partecipanti, fosse anche pochi giorni prima della partenza, una nota scritta con le informazioni, soprattutto sanitarie, sulle regole per l’ingresso negli Stati da visitare, allora l’autoresponsabilità del cliente supera il dogma che vuole il consumatore in una situazione di presunzione assoluta di debolezza, sempre e comunque meritevole di protezione”.
E infatti l’avvocato Federico Lucarelli, consulente legale di Fiavet, spiega: «Oggi, se un viaggiatore dovesse ammalarsi per omissione o negligenza di applicazione delle misure anti-Covid da parte di fornitori inclusi nel pacchetto, la responsabilità dell’organizzatore del viaggio potrebbe essergli contestata. È fondamentale che gli organizzatori si sincerino che i propri fornitori adottino tutte le misure previste dai protocolli anti-contagio e che, insieme al venditore che intermedia il pacchetto, si dia ai viaggiatori un’informazione puntuale in fase precontrattuale sulle misure in vigore».
E per evitare ripensamenti non fondati su eventuali lockdown, «è bene far firmare al viaggiatore un consenso informato. Ciò innesca quel principio di autoresponsabilità del viaggiatore, recentemente riaffermato dalla Cassazione». È poi indubbio che la mole di annullamenti di vacanze causa pandemia, tuttora in corso, porrà tanti dubbi legati ai contrasti tra le norme comunitarie e quelle “emergenziali” che alla fine – soprattutto per i voucher offerti al posto dei rimborsi – inevitabilmente porterà l’intera ingarbugliata questione davanti alla Corte di Giustizia Europea.
Non a caso l’avvocato Silvana Durante, consulente legale di Astoi, puntualizza: «Qualora nei prossimi mesi dovessero proliferare i contenziosi, volti a rivendicare un presunto danno da vacanza rovinata fondato su dedotte inadempienze o inesatti adempimenti rispetto alle prestazioni previste in contratto, auspichiamo che i giudici comprendano che, se qualcosa è stato omesso nei programmi di viaggio, ciò è dipeso dall’esigenza prioritaria di tutelare la salute dei viaggiatori».
Conforta, secondo Durante, che la stessa Commissione Ue abbia indicato nella sua raccomandazione di maggio che “le numerose cancellazioni dovute alla pandemia abbiano portato a una situazione di flusso di cassa e di entrate insostenibile per i settori dei trasporti e dei viaggi”.
«I problemi di liquidità degli organizzatori», prosegue il legale, «sono aggravati dal fatto che questi devono rimborsare al viaggiatore il costo totale del pacchetto, ma non sempre a loro volta ricevono a tempo debito il rimborso dei servizi prepagati. Ciò può comportare una ripartizione iniqua degli oneri tra gli operatori. Per questo ci auguriamo che non ci siano contenziosi strumentali».