La guerra commerciale tra Usa e Cina? Sta allontanando i turisti cinesi dagli Stati Uniti. Parola di Sun Jie, ceo di Ctrip, che durante l’official opening dinner di Itb China, in corso a Shanghai, non ha però perso l’ottimismo sul futuro del turismo outbound del suo Paese.
«Il turista cinese ha potere d’acquisto e ama andare dove sono ben accolti, come accade in Europa, nel Regno Unito, in Australia e Nuova Zelanda. Se non possono recarsi negli Stati Uniti (durante le recenti festività del 1° maggio, tuttavia, gli States sono risultati la 9ª destinazione in assoluto per i viaggiatori con gli occhi a mandorla), troveranno un’alternativa».
Insomma, se gli Usa devono stare attenti se vogliono continuare ad attrarre i cinesi, il turismo outbound del Paese del Dragone continuerà a crescere agli stessi ritmi degli ultimi anni. A dimostrarlo ci sono le statistiche ufficiali, che indicano come nel 2018 il numero dei viaggiatori in uscita abbia raggiunto quasi quota 150 milioni, con un aumento del 14,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e oltre 30 milioni di turisti che hanno viaggiato nei Paesi lungo la Belt and Road.
Il ponte del 1° maggio, poi, ha confermato il trend positivo, con oltre 4 milioni di cinesi che hanno varcato i confini nazionali. «L’attuale livello di urbanizzazione in Cina è inferiore al 60%, nei prossimi 10-20 anni il potenziale di consumo privato non potrà che crescere», ha aggiunto la manager sottolineando come solo il 10% della popolazione cinese possieda un passaporto, contro il 40%, ad esempio, degli Stati Uniti.
Ctrip, la più grande Ota della Repubblica Popolare, ha raggiunto nel 2018 la cifra di 725 miliardi di yuan in transazioni, superando Booking ed Expedia. Come ha spiegato recentemente agli analisti la stessa Sun Jie, il colosso cinese ha aperto uffici in importanti source market come Giappone, Corea del Sud, Singapore e Australia, arrivando a totalizzare il 30-35% delle entrate totali del Gruppo proprio dalle vendite estere.