by Roberta Rianna | 26 Novembre 2024 7:00
Se Danilo dice, Danilo fa. Perciò, quando rivela l’intenzione di adottare due alpaca – sebbene con il turismo c’entrino poco – non stentiamo a credergli. Più ardito immaginarlo su un aereo con Leonardo Da Vinci («se dovessi scegliere un compagno di viaggio, sarebbe lui»). Eppure anche tale fantasia un senso ce l’ha, visto che fu Leonardo a inventare seicento anni fa l’ornitottero, il primo oggetto volante più pesante dell’aria. E così, un po’ come Massimo Troisi che gli insegnava a giocare a scopa nel film “Non ci resta che piangere”, diverte immaginare Danilo Curzi provare a spiegargli come si costruisce un viaggio negli anni Duemila, magari usando l’Ai, con “il genio” interdetto di fronte a cotanta genialità.
Iperbolico, sì. Benché serio. Come tutto ciò che pensa, dice e fa il ceo e cofondatore di Idee per Viaggiare da 61 anni a questa parte. Ovvero da quando è nato.
Andiamo a trovarlo a “casa sua”, in via dei Magazzini Generali 18 a Roma, nuova sede[1] di quello che ormai è uno dei primi tour operator d’Italia. Varcare quella soglia è come entrare nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka: un luogo fantastico, organizzatissimo e distopico al tempo stesso. Una sorta di macchina del tempo agghindata con cimeli d’epoca e oggetti da collezione: jukebox, flipper, supereroi boterizzati, la gigantografia di Corto Maltese, l’Allegro chirurgo, il cartonato di Trump con il badge “visitatore”, la lounge dell’Angelo dedicata al collega scomparso perché viva ancora.
La mazzetta da 2 dollari anti sfiga, un banco di salmoni-pupazzo che nuota controcorrente, appesi al soffitto dopo il lockdown. E poi le frasi (se vogliamo) motivazionali impresse ognidove: “L’ho visto su internet”, “Pensati in pensione”, “Spesso ho sempre ragione” e soprattutto “Lo sai chi ti saluta tantissimo?”. Una goliardata che la dice lunga su di lui e sulla storia di questa grande azienda, che oggi conta 160 dipendenti, nata nel 1995 ma fecondata molto prima su un muretto di Ostia.
Su un muretto, davvero?
«Sì, proprio così. Era la fine degli anni Settanta, avevamo 15 anni. Ostia era spaccata in due: c’era chi faceva politica a destra, chi a sinistra. Noi no. Noi eravamo una comitiva di una ventina di ragazzi che s’incontrava per il puro gusto di stare insieme. Ci sedevamo sul muretto e lì trascorrevamo i pomeriggi, dopo aver fatto i compiti. Tra questi c’erano i miei soci di sempre, quelli con cui tutto ha avuto inizio: Roberto (Maccari, ndr) e Stefania (Fusacchia, ndr). Altri due mie amici dell’epoca lavorano qui in magazzino. Sono trascorsi parecchi anni ma il senso di quella comitiva c’è ancora».
Da amici a soci, ci racconti com’è andata.
«All’epoca studiavamo a Roma, all’Istituto Tecnico per il Turismo, dove ci siamo diplomati. Avrei voluto fare l’università, ma dopo il servizio di leva sono stato assunto al Cts a tempo indeterminato. Il turismo era il mio pallino e l’occasione era imperdibile. Dopo due anni, con Roberto e Stefania, abbiamo aperto una filiale Cts a Ostia, subito dopo un’altra a Pomezia. Nel 1994 abbiamo preso la licenza di agenzia e abbiamo dovuto scegliere un nome. Volevamo fosse Idee per Viaggiare, ma era già impegnato, allora abbiamo optato per Viaggiatori e avventurieri, pur senza troppa convinzione. L’anno dopo, nel 1995, abbiamo acquisito la licenza di tour operator superando gli esami da direttore tecnico. Programmavamo l’Oceano Indiano con tre sole destinazioni: Mauritius, Seychelles e – udite, udite – Comore. Così è nato Idee per Viaggiare, nome che poi siamo riusciti a utilizzare».
E il logo con la palma com’è nato?
«In cinque minuti e involontariamente. Il grafico stava sperimentando l’effetto spugnato, appena vidi sbocciare la palma gli dissi “fermati, mi piace, partiamo da qui”. Il resto è storia».
Lei ha 61 anni, ma nel “catalogo del futuro” ne dichiara 261 e propone al lettore fantasione idee di viaggio per l’anno 2224: tour in dimensioni parallele, esperienze di clonazione, addirittura viaggi senza ritorno. Un esercizio di stile e di immaginazione. Ma c’è qualcosa che davvero potrebbe entrare in programmazione tra duecento anni?
«Il catalogo “2224 – Idee per viaggiare nel futuro” si ispira al romanzo di Douglas Adams Guida galattica per gli autustoppisti[2] ed è un inno alla fantasia. Pensarlo, svilupparlo, scriverlo è stato divertentissimo. Il progetto ha preso forma chiacchierando e – deve credermi – facendoci un sacco di risate. Ma questo progetto ha anche un senso più profondo: provare a immaginare il potenziale delle nuove tecnologie, dopo che la pandemia ci ha sbalzato da una dimensione all’altra. Quale viaggio del futuro potremmo veramente organizzare prima o poi? Forse quello nel metaverso. Il resto si vedrà».
Da poco si è chiuso il G7 Turismo che ha posto il focus su intelligenza artificiale, lavoro e sostenibilità. Ma qual è il reale stato dell’arte in questi tre ambiti?
«L’Ai è già realtà, ma la nostra priorità non è analizzare cosa succede oggi, ma capire cosa accadrà tra dieci anni, se non cinque. Dobbiamo provare a immaginare come si trasformerà il nostro lavoro in base a come sarà il cliente di domani. La domanda è: come prenoteranno i 18enni di oggi? Che esigenze avranno? I loro coetanei sapranno rispondere alle loro richieste? La formazione è fondamentale e per questo abbiamo investito nell’Act, l’Accademia Creativa Turismo guidata da Maurizio Di Marco. La sfida è far sì che, in un mondo ipertecnologico, l’esperienza di un professionista, la sua consulenza, vincano sempre. L’ironia, l’empatia, sono doti che nessuna macchina potrà pienamente dominare. Abbiamo provato a dimostrarlo durante la nostra ultima Unconvention[3] con finte interviste “all’uomo del futuro”. Sulla sostenibilità faccio invece fatica a esprimermi, e spiego perché: è un tema che va ben oltre l’industria turistica. Da parte nostra, abbiamo appena rinnovato l’accordo con Treedom per la piantumazione di centinaia di alberi che regaleremo ai nostri clienti. È sufficiente? Forse no, anche perché operiamo soprattutto sul lungo raggio e l’unico mezzo che abbiamo a disposizione è l’aereo che è ancora altamente inquinante. Ma non abbiamo alternative. E ci sono interessi talmente vasti che prendono il sopravvento».
Lungo raggio. Ebbene, come sta andando? L’inflazione si fa sentire?
«Ci tocca fino a un certo punto. Se la spesa media di un viaggio organizzato è 1.200 euro a persona, noi ci aggiriamo sui 3.700. Si tratta di pacchetti complessi, per loro natura costosi, che attraggono un pubblico ancora capace di spendere, sebbene oggi più attento. Poi lavoriamo molto nel segmento honeymoon, notoriamente “drogato”: e soprattutto ora che ci si sposa dopo aver convissuto, la gran parte dei regali è impiegata per il viaggio di nozze. Subito dopo la pandemia abbiamo registrato un’iperdomanda, ma anche ora marciamo a ritmo sostenuto: il fatturato aumenta, ma crescono soprattutto marginalità e produzione. E questo ci fa che fa ben sperare. Al primo posto restano gli Stati Uniti, seguiti da Maldive, Giappone, Thailandia. Ogni giorno chiudiamo una cinquantina di pratiche da (qui Danilo Curzi afferra lo smartphone, scrolla e legge con noi) – vediamo un po’ – 17.300, 18.000, addirittura 89.000 euro. Capito cosa intendo?».
Come vanno Chinasia e Marcelletti, i due brand che avete acquisito?
«“La Cina ti sorprenderà”, mi avevano detto. E così è stato. Laura (Grassi, ndr) è una persona meravigliosa e ha portato qui il valore e la cultura di un Paese e di un tour operator che, romanticamente, meritava di continuare a esistere[4]. Stesso discorso vale per Marcelletti[5]. Anche in quel caso ritenevamo che il marchio, così come le persone che lo incarnavano, avesse un grande valore. Ci ha consentito di “mettere il turbo” al Messico e introdurre in nuove mete come Argentina, Cile, Perù e Bolivia».
Pensa a nuove acquisizioni?
«Sono un accumulatore seriale, ho il gusto di collezionare cose strane, in certi casi preziose. Proprio ieri mi sono aggiudicato su Catawiki un libro di geografia del 1640 (e ci mostra la teca in cui conserva i tomi d’antan), ma non ho la medesima foga con le aziende. Abbiamo acquisito solo tre marchi in trent’anni: due t.o. e l’Accademia Act. Tutte operazioni nate da opportunità casuali».
Da cosa nasce cosa, come un tempo. Come si immagina tra qualche anno?
«Amo il mio lavoro, ma non mi ci vedo tra dieci anni ad andare in ufficio tutti i giorni. Mi diverto nel mio bosco (la sua abitazione a quanto pare è immersa in un bosco) e vorrei prendere due alpaca perché vivano lì con me».
E chi guiderà Idee per Viaggiare?
«Vedremo. Penso più a una soluzione interna e per questo avvieremo corsi di leadership e management. Dalla nostra abbiamo una grande forza: pochissimo turn over. Sappiamo ascoltarci, c’è fiducia nel dialogo. E questo è un bene prezioso».
Cosa resta del Danilo del muretto?
«Certamente l’innata curiosità e il rispetto per le persone. Ce li avevo da ragazzo e ce li ho ancora oggi. E poi sono un Peter Pan, cosa che credo si veda. Come diceva Palo Picasso: “Per diventare giovani ci vuole molto tempo”. Ed io, un po’ alla volta, lo sto diventando».
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