Per la prima volta Luca Patanè, presidente del Gruppo Uvet, racconta della perdita di Blue Panorama, il personale gioiello che coronava le ambizioni di crescita di un’azienda in costante ascesa negli anni fino alla pandemia. Ma va anche oltre. E ci dà la sua visione di ciò che è stato in questi ultimi due anni, per la sua azienda e per il travel in generale.
Cosa è successo durante la pandemia, come si sentiva?
«Nel 2020 andavo da solo in ufficio, e in Uvet lavorano 2.000 persone. Immaginate la sensazione, la tristezza di quel momento».
Come è cambiato il Gruppo Uvet, come ha fatto a superare questo momento?
«Uvet è cambiata molto a causa di questo evento. Prima eravamo una nave che, nonostante ci fosse qualche tempesta, andava sempre avanti e ogni anno cresceva sempre di più. Poi la pandemia ci ha fermato. È morta la compagnia aerea che era stata l’ultima acquisizione, non abbiamo fatto in tempo a farla decollare. Non abbiamo potuto tenerla in piedi. Un grande investimento, ma anche una visione e quindi un grande dispiacere. Questo ci ha costretto a rivedere i modelli turistici del Gruppo. Abbiamo cercato di individuare quello che poteva dare maggiore redditività nel futuro all’azienda, quindi l’abbiamo mantenuto al meglio nella crisi e pianificato per le prospettive che poteva darci. E infatti nel momento di svolta, il 2022, usciamo con un Ebitda positivo di circa 10 milioni di euro. Questo ci aiuta ad avere fiducia per i prossimi anni. Il turismo però è cambiato, ed è cambiato il nostro mondo».
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A questo proposito lei ha parlato di disruption della filiera, cosa intende?
«Siamo ripartiti, ma tutti vogliono i soldi subito, perché la liquidità abbiamo capito che è indispensabile. Il tour operator vuole essere pagato perché immediatamente deve pagare i fornitori, l’agenzia di viaggi li chiede subito al cliente».
Forse nella filiera però ci sono ruoli meno opachi rispetto a prima, più definiti. Non legge un’opportunità di cooperazione tra i vari attori?
«Le opportunità ci sono sempre, ma il fattore creditizio e della liquidità è un problema rilevante. Chi paga oggi per una vacanza che farà a luglio? È molto difficile. Per questo si rischia la morte del tour operating normale. L’esigenza dell’immediato pagamento nasce dalla sofferenza durante la crisi subita da tutti, quindi il sistema di visione pianificata, basato sui charter, sulla prenotazione avanzata, e su molti altri fattori, si sta asciugando brutalmente».
È stata presentata dal Politecnico di Milano la ricerca sul turismo e la sostenibilità è un valore ricercato all’atto della prenotazione in circa il 20% dei casi. Per la generazione Z questo avviene oltre il 40. Come si sta preparando al cliente di domani?
«Se io dico che i miei viaggi sono sostenibili chi è che mi può contestare? Tutti parlano di sostenibilità, ma ci vogliono dei criteri oggettivi per misurarla, i giovani per crederti non si accontentano di quello che dici, ma del criterio che applichi per essere sostenibile. Poi, parliamoci chiaramente, i viaggi in aereo possono migliorare le emissioni, ma non possono essere completamente sostenibili. In alcuni casi ancora oggi le resine, i prodotti plastici sono indispensabili, e chi dice di essere completamente ecosostenibile, in caso di automobili o aerei non dice la verità, basti pensare a tutti i pezzi di plastica che ci sono in un veicolo o in un apparecchio. Quindi chi parla di se stesso in termini sostenibilità, lo deve fare basandosi su criteri reali, e se possibile certificati, raccontando la verità. Ritengo che non bisogna mai essere talebani nelle prese di posizione che si prendono, anche in fatto di ecosostenibilità. L’apertura mentale è la nostra ricchezza».
Prima ha parlato della perdita di Blue Panorama, quale è la sua versione di questa storia, visto che ne è il protagonista?
«Non c’è una versione, purtroppo c’è stato il Covid… Ho cercato di venderla non ci sono riuscito e quindi Blue Panorama è in liquidazione giudiziale. Funziona così. Non c’erano chance. Se ci sono gli aerei a terra cosa si può fare? Negli anni 2020-21 per 12 mesi siamo stati a terra. Per cercare di salvarla ho fatto di tutto. Abbiamo volato con hub in Polonia da Varsavia, Katowice, ma non siamo riusciti a tenere in piedi la compagnia schiacciata fra aiuti di stato per Ita Airways che, per carità, erano una priorità… Ecco qui, basta, non c’è una versione da dare. C’è stato il Covid e la compagnia non è riuscita a stare in piedi e non si poteva sostenere, perché ci vogliono troppi mezzi finanziari per mantenere una compagnia aerea che non vola e che ha spese costanti».
Non è riuscito a trovare un compratore con cui allearsi per mantenere in Blue Panorama la sua impronta?
«Ho provato e non ci sono riuscito, ho provato. Un fondo americano ha fatto un’offerta, poi ne ha fatta un’altra, ma al momento di chiudere non ha chiuso, quindi… Non ha credibilità chi non fa quello che dice».