Dal fiume Kwai all’anello dipinto: un’emozione chiamata Thailandia
La Thailandia è tutta in un anellino d’argento sulla mano destra, indossato dal giorno in cui un giovane orafo della provincia di Sukhothai, l’antica capitale, ci ha mostrato come si dipingono i monili. Nel suo fregio floreale è facile rivivere in pochi istanti i 10 giorni passati alla scoperta del Paese del sorriso. Torna alla mente la canzoncina fischiettata dai protagonisti del film Il Ponte sul fiume Kwai, che è impossibile non canticchiare attraversando quello stesso ponte a 32 gradi e 80% di umidità poco dopo l’atterraggio a Bangkok.
Kanchanaburi è stato il primo vero impatto con la Thailandia e la sua essenza: caldo appiccicoso, sole che ti ferisce gli occhi e cibo a volontà. A Nam Tok Station si beve acqua di cocco direttamente dal frutto. La prima di una lunga serie. E si attraversa il fiume con un trenino dagli interni scrostati e sgargianti, dove impeccabili inservienti col sorriso stampato continuano a distribuire bevande e piccoli snack, mentre le carrozze s’incuneano tra canyon e foreste. Con l’attestato di “traversata su rotaia del Kwai”, il letto del fiume ci accoglie per una mini crociera alla scoperta del villaggio di case di teak e bambù costruito in un bosco dal popolo Mon, gruppo etnico di origine birmana che sulle colline accanto al Kwai vive lavorando per gli eco resort della zona, come il FloatHouse, albergo palafitta con lussuose ville realizzate sopra le acque del fiume.
C’è una grande dignità nella gente che abita questo Paese, quasi 67 milioni di persone, in prevalenza agricoltori, sparsi su 531mila km², e un grande dolore ad accumunarle tutte da quando Bhumibol Adulyadej, il nono Re della Thailandia, è venuto a mancare lo scorso 13 ottobre. Basta guardarsi intorno per trovare effigi e altari dedicati al sovrano, straripanti di fiori. Ma listati a lutto sono anche edifici pubblici come scuole e ospedali: non si contano le strisce di festoni bianchi e neri nel lungo viaggio in pullman verso Sukhothai.
Qui a incantare sono le rovine dei templi antichi, come quelli del parco Si Satchanalai, e la festa di Loi Krathong che ogni anno raduna migliaia di thai nel Parco storico per assistere allo spettacolo della luna piena e delle barche di foglie di banano illuminate da incensi e candele.
Risalente alla tradizione induista del ringraziamento del Dio delle Acque, è una delle tradizioni più vivaci e sentite in cui, liberando le barchette (krathong) negli stagni, le persone pregano, esprimono desideri o provano a scacciare quanto di negativo c’è nella loro vita.
Dopo la magica esperienza della festa tutto è più naturale, anche cimentarsi con l’artigianato locale. Anche senza grosse abilità manuali ci si ritrova a disegnare piatti di ceramica, improvvisarsi apprendisti orafi o principianti tessitori in grado di usare il telaio a canne di bambù.
Perché la vera Thailandia è nelle comunità rurali che a Ban Na Ton Chan si reinventano tra un raccolto e l’altro, aprendo la porta della loro casa al turismo esperienziale che per un giorno concede ai viaggiatori di “sentire” davvero un Paese, non solo di visitarlo. A completare l’esperienza c’è il pernottamento in una fattoria biologica, quella dell’aeroporto di Sukhothai, dove la mente si rilassa davanti a cibo sanissimo, camminate nelle risaie o al rito del filtraggio delle rose che diventeranno tè, e si ricarica di buon umore quando cavalca un bufalo d’acqua, un erbivoro da 600kg, della sottofamiglia dei bovini, che trasmette a chi lo doma forza e fiducia.
Per chi per giorni è stato portato a scoprire i segreti delle stoffe locali, e ha assaggiato succosi ananas appena colti dalla pianta, è dura lasciare la gentilezza delle campagne del nord per le seduzioni di Bangkok.
In città i ritmi saltano lo stadio della frenesia per arrivare direttamente al parossismo, ma una seduta di massaggi tradizionali in una Spa raffinata come Oasis, dove ti accolgono con tisana e asciugamano rinfrescante, aiuta. Luogo di grandi contraddizioni, la capitale è un moderno luna park dove passare con disinvoltura dalle “gioie per gli occhi”, come il Mercato galleggiante, il Palazzo reale e il Tempio del Buddha sdraiato, a quelle dello shopping con pachidermici centri commerciali a ogni angolo: dall’Mbk, regno dell’hitech e del souvenir, al Terminal 21, dove ognuno dei sei piani si rifà a una città del mondo, fino all’Asiatique, night bazar all’aperto sul fiume Chao Praya, con tanto di ruota panoramica, dove a catturare l’attenzione sono le barche dei grandi alberghi che fanno la spola con l’altra parte della riva.
E se dormire in un grattacielo qui per un turista è comune quanto esorcizzare il traffico a bordo di un tuk-tuk, grazie ai prezzi abbordabili degli hotel 4 stelle, la dritta da non sottovalutare a Bangkok è scegliere un albergo in centro città che sia vicino alle fermate dello Skytrain, la modernissima metro sopraelevata che in pochi minuti ti porta ovunque. Anche a due passi dalla lobby, se dormi al Pathumwan Princess Hotel. E per chi è difficile da sorprendere e regge bene l’alcol, allora la tappa da non mancare è il 65° piano del Dome dove vi aspetta Scirocco, il bar terrazza più alto della città, per una vista mozzafiato a 360 gradi e un mai thai a regola d’arte.
Bangkok, capitale dello street food
Chi crede che viaggiare significhi anche conoscere una cultura attraverso i piaceri della tavola deve partecipare al Bangkok Food Tour Midnight. Il tour gastronomico più in voga del momento, dura dalle 20 alle 24, e porta i turisti in giro per la città a bordo dei tuk-tuk fermandosi nei migliori ristoranti che propongono street food, magari cucinato nel vicolo dietro al locale. Deliziati e satolli di noodles e pad thai, i partecipanti faranno poi passeggiate notturne tra il Mercato dei fiori e il Wat Pho, fermandosi per un drink in locali panoramici.
Tra villaggi rurali e siti Unesco
In Thailandia non c’è solo bel mare, ma anche siti Unesco come Sukhothai e il Community Based Tourism (Cbt), quello dei villaggi rurali. «La maggior parte dei visitatori sono repeater che tornano per il mare, perciò – ci ha spiegato Rung Kanjanaviroj, direttrice Tat in Italia – ci stiamo impegnando a mostrare che qui oltre alla vacanza si possono vivere le esperienze della vita».