by Andrea Lovelock | 7 Dicembre 2018 15:05
Quella andata in scena giovedì mattina al convegno di Federturismo ha tutta l’aria di essere la prima uscita ufficiale di un documento di programma dell’era Centinaio. Il vero gap del turismo italiano, si è detto al convegno organizzato in casa Confindustria, è nell’innovazione, fisco e burocrazia.
A tutti gli effetti si tratta del nuovo capitolo della governance secondo il ministro del Turismo. In buona sostanza, riposto in soffitta il Piano strategico dell’era Franceschini, arriva il “verbo” del governo gialloverde, declinato nel turismo e nella sua filiera.
Gian Marco Centinaio ha affidato ad Alessandra Priante, capo ufficio rapporti internazionali e del cerimoniale del Mipaaft, il compito di illustrare nel dettaglio la roadmap del nuovo esecutivo.
La premessa è tutta raccolta nel quadro di riferimento: ottavo anno di crescita per l’Europa e per l’Italia nel turismo internazionale, sorpasso dei turisti stranieri (62 milioni) su quelli domestici (60 milioni); circa 39,2 miliardi di euro il valore della spesa turistica complessiva. Fin qui numeri di tutto rispetto ma l’analisi passa poi al confronto con altre destinazioni del mondo e altre capitali del turismo, con i loro servizi al consumer e altri parametri strutturali e infrastrutturali ed ecco allora che una sentenza che certifica un deficit di competitività legato principalmente a tre criticità: carenza d’innovazione, burocrazia imperante e fisco impattante.
Il mix di questi fattori, secondo gli attuali governanti, è micidiale: siamo al 46° posto nel Global Ranking in termini d’opportunità di business e investimenti e al 75° posto riguardo alla sensibilità del governo centrale nei confronti del settore. Lontani anni luce da molti nostri competitor. Tutte ombre? Non proprio, perché l’analisi esposta da Priante indica ad esempio che l’Italia ha un’enorme potenziale riduzione della disoccupazione se solo si utilizzassero a dovere le opportunità del turismo. E da qui bisogna ripartire.
Ma come? Trasformazione digitale, semplificazione burocratica, investimenti in connettività e infrastrutture. Questi i punti chiave della svolta, ma dal dire bisogna passare al fare: ed ecco quella che parrebbe essere la “ricetta Centinaio” esposta agli operatori e imprenditori di Federturismo: innanzitutto investire in un portfolio bilanciato di mercati, il che significa aumentare la domanda turistica dall’Asia (in particolare Cina), comprendere i bisogni dei consumer turistici, rafforzare la filiera distributiva di prodotti e servizi turistici, attuare campagne di marketing su prodotti appropriati. Seconda azione obbligata: sviluppare le capacità digitali competitive, tenendo conto che oggi solo un 35% degli operatori italiani dispone di servizi di prenotazione e acquisto online; terzo passaggio, operare subito una semplificazione burocratica per garantire un territorio business friendly.
Si passa poi alle azioni più impegnative: garantire una adeguata rete di trasporti, aumentare l’offerta di lavoro e di competenze professionali; infine creare resilienza, produttività e qualità nel settore per generare prodotti competitivi sui mercati internazionali. È un documento di alto profilo quello illustrato dalla Priante a nome del Mipaaft, che tutti gli operatori sottoscriverebbero senza indugio. Ma siamo ancora una volta nel terreno delle buone intenzioni, delle indicazioni generali. Per scendere nel pratico occorre ora procedere, con tempestività, a un piano esecutivo.
Già, perché ciò che il Mipaaft non ha ancora indicato sono proprio le modalità e i tempi. C’è già chi obietta: lasciamoli lavorare. Bene, ma sette mesi – ovvero il periodo trascorso dall’insediamento del governo Conte-Di Maio-Salvini – per la dura legge del mercato turistico mondiale sono tantissimi, e a tutto questo si deve aggiungere che risultano ancora irrisolti i nodi del futuro di Enit, Alitalia e Dipartimento Turismo. Che, come direbbe Totò, non sono proprio quisquiglie.
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