Decreto riaperture, le rabbia degli operatori Mice: “È illogico”

23 Aprile 07:00 2021 Stampa questo articolo

Non si è fatta attendere la reazione degli operatori del Mice al decreto riaperture, che ha scatenato la rabbia e lo sconcerto delle imprese e dei professionisti del settore dei congressi e degli eventi, riversata in una lettera aperta al premier Draghi.

Nella missiva indirizzata al presidente del Consiglio e a tutto il Consiglio dei ministri dai portavoce di #Italialive, si lancia il provocatorio interrogativo: “Ci dovete dovete spiegare: qual è la differenza tra un meeting di 200 persone e una proiezione cinematografica per lo stesso numero di partecipanti? Inoltre ci dovete spiegare: qual è la differenza tra una cena al ristorante o un banchetto di nozze?

Le fiere riaprono il 15 giugno mentre i congressi e i convegni devono aspettare il 1° luglio. “È questa la prima e incomprensibile incongruenza del Decreto – scrivono – Se la ratio che guida le decisioni del governo è tutelare l’economia e contemporaneamente la salute dei cittadini non si spiega come possano essere autorizzate le fiere con migliaia di visitatori mentre i congressi e i convegni sono costretti a rimanere in stand by. Una disparità dalle conseguenze gravissime perché fa perdere giornate di business a un settore fermo da oltre un anno e privo anche della sola ombra di un ristoro”.

Altra incongruenza del decreto riaperture, sottolineano gli operatori Mice, “è la mancata data di ripartenza per eventi aziendali e formativi, eventi privati e matrimoni. Eventi che si possono svolgere con le medesime modalità di una cena al ristorante restano fermi al palo. Anche i meeting, facilmente assimilabili al comparto dei cinema e teatri, non sono permessi. Eppure gli eventi garantiscono un controllo assoluto dei partecipanti, a partire dalla fase di preparazione fino alla conclusione”.

Il comparto, ricorda il portavoce di #Italialive, “che ha un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi, produce un giro di affari di 65,5 miliardi, genera 15,5 miliardi di entrate tributarie e dà lavoro a oltre 570.000 persone, si trova ancora una volta fermo, assistendo però alla ripartenza di altri settori che comportano aggregazione di persone”.

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