Di Centa sfida il sistema: «Lo sport trainerà il travel»
I trionfi di Lillehammer nel cuore e un sogno nel cassetto: «Mettere basi solide nel turismo sportivo, in cui io ho sempre creduto». Sessant’anni portati alla grande, alfiere dello sci di fondo azzurro, la rivalità con Stefania Belmondo da prima di copertina, Manuela Di Centa porta a spasso la sua leggenda anche senza gli sci in spalla, ma con il trolley sempre pronto. Membro della Giunta del Coni e del Cio e capo delegazione dei Legend – il progetto di Sport e Salute che punta a diffondere la pratica sportiva senza alcun limite – la Di Centa è stata deputata e consigliera del ministro del Turismo Massimo Garavaglia nel governo Draghi. Proprio ricoprendo questa carica, ha cominciato a tessere la tela per coniugare sport e turismo: «Non sono due parole messe accanto per caso, ma un frutto della sinergia di grandi espressioni valoriali, sia dal punto di vista etico che economico: bisogna costruire occasioni di sviluppo per i territori grazie agli eventi sportivi».
E così si è messa in testa l’idea che lo sport possa trascinare il turismo…
«Assolutamente e mi spiego con un esempio che mi riguarda: “Io ho fatto turismo” scalando le montagne in Nepal e in Cina e arrivando in vetta all’Everest. Ecco, per me questo è un mix di sport e scoperta del territorio, quindi turismo. In tre mesi ho sborsato fior di quattrini al governo nepalese – tra portatori, aerei, cibo – e ho praticato sport. Non solo: il Nepal incassa moltissimo dal turismo alpinistico, sia per i permessi che consentono di accedere alle montagne, che per l’indotto. Sarà pure un esempio un po’ estremo, ma serve a far capire che ci sono nazioni che vivono di questo».
È un modello che noi stentiamo a replicare.
«Diciamo che noi lo facciamo indirettamente. Abbiamo un turismo variegato, perché in Italia abbiamo tutto, a differenza degli altri Paesi che puntano su un aspetto particolare. Spesso, per andare in vacanza, si sceglie una località dove si può andare in bicicletta, fare escursioni, nuotare o giocare a tennis: in particolare, dopo il Covid, le attività più ricercate sono quelle outdoor, quindi immergersi nella natura, cioè fare movimento. E il movimento è sport».
Perché fatichiamo a legare i concetti di sport e turismo?
«Perché non c’è una politica specifica sullo sport. Eppure tantissimi stranieri varcano le Alpi in estate per venire sul versante italiano a fare trekking o per una vacanza in mountain bike, quindi per stare a contatto con la natura. Noi però non possiamo analizzare nei dettagli questo tipo di turismo, perché non abbiamo una struttura o un biglietto per contare semplicemente chi viene per camminare».
Cosa serve per sfruttare questo enorme patrimonio?
«Dobbiamo metterlo a sistema. Quando ero consigliera del ministro Garavaglia ho provato a sviluppare più corsie relative al turismo e allo sport: una di queste era fare cultura, cioè promuovere il concetto che turismo e sport possono convivere in modo sinergico. Abbiamo esplorato dei campi particolari, come le manifestazioni Master, competizioni che hanno alla base il piacere di fare sport: i protagonisti hanno uno stile di vita legato al movimento e sono capaci di coniugare la forma fisica con le vacanze. I numeri sono significativi. In Italia abbiamo portato due grandi eventi Master: uno è Winter World Masters Games Lombardia 2024 che coinvolge anche il Trentino: saranno 3.500 i partecipanti che arriveranno nel prossimo gennaio e sosterranno le spese di viaggio, vitto e alloggio, l’organizzazione si occuperà solo della parte sportiva. L’altro, gli European Master Games, si svolgeranno nell’estate del 2027, sempre in Lombardia, con quasi 7.000 persone. Soggiorneranno da noi con la famiglia per una settimana abbinando la gara alle ferie e allungando così la permanenza in Italia. Se in Italia dovessimo considerare quanto rientra allo Stato in termini di tasse, i conti tornerebbero. Questo è un modo di fare turismo, associato in maniera intelligente allo sport».
Quindi, i guadagni per le casse dello Stato sarebbero notevoli…
«Esatto. Ci sono federazioni che chiedono una copertura finanziaria allo Stato per potersi candidare. Per esempio, alla Lombardia abbiano consegnato una cifra per coprire i costi della candidatura, sapendo che in termini di tasse lo Stato avrebbe avuto un ritorno superiore. Creando questo volano, abbiamo cominciato a chiedere alle federazioni stesse un piano turistico-sportivo legato all’evento: è la prima volta che si è parlato di turismo sportivo. In questo modo si cambia anche la cultura di quello che è semplicemente un appuntamento agonistico».
Il discorso vale anche per Milano Cortina 2026?
«Parliamo di un’Olimpiade, quindi l’evento più grande del pianeta, con una forza propulsiva straordinaria. È un avvenimento che va in mondovisione e il valore di un Paese che ospita i Giochi diventa inestimabile. Mi sono studiata il dossier di Londra 2012: gli inglesi hanno cominciato a studiare la strategia dell’utilizzo dell’Olimpiade in chiave turistica dal momento dell’assegnazione, sette anni prima: il piano prevedeva un prima, durante e dopo i Giochi, per far arrivare la gente e soprattutto farla tornare».
Siamo ancora in tempo per realizzare lo stesso piano?
«Beh, un po’ di tempo l’abbiamo perso… Mi auguro che siamo capaci di recuperare terreno. Dalle accelerazioni che sto vedendo ci sono sensazioni positive. Voglio crederci, perché ho sempre pensato che il binomio sport–turismo abbia un futuro: tutti abbiamo bisogno di vivere stando bene e per stare bene bisogna fare movimento e il movimento è sport».
Giornalista professionista, innamorato del suo lavoro, appassionato di Storia, Lettura, Cinema, Sport, Turismo e Viaggi. Inviato ai Giochi di Atene 2004
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