No, la Cina non abbandonerà presto la politica di “tolleranza zero” nei confronti del Covid-19, che finora le ha permesso di contenere contagi e morti, seppure tenendo i propri confini praticamente chiusi al mondo esterno. E le ricadute sugli introiti turistici si sono abbattute anche e soprattutto sull’occidente.
Europa e Stati Uniti, infatti, avevano ormai consolidato e organizzato la loro offerta turistica per rispondere al meglio alle esigenze dei turisti cinesi, i veri big spender del mercato pre-Covid.
Sulla chiusura al mondo della Cina, l’ultima conferma in ordine di tempo arriva dal professor Liang Wannian, un funzionario della Commissione sanitaria nazionale, e capo di una task force che aiuta il il governo a delineare la risposta al coronavirus, il quale ha dichiarato all’emittente statale China Central Television che su una popolazione di 1,4 miliardi, la libera circolazione del virus creerebbe danni significativi.
«Potete immaginare – ha detto Wannian – quanti si ammalerebbero gravemente o morirebbero; sarebbe un grave problema di salute pubblica, sociale e politico, che deve essere tenuto sotto controllo e non si deve permettere che la trasmissione causi così tante gravi malattie e morti».
Nel frattempo, nonostante una lieve ripresa prima dell’impatto della nuova variante sul settore dei viaggi, il mondo del turismo a varie latitudini, soffre per la mancanza di viaggiatori cinesi.
LE PERDITE NEL TURISMO PER USA E UE
Come sottolinea il New York Times in un editoriale che analizza gli effetti della mancanza di questa fetta di mercato nelle varie destinazioni “nessun Paese è stato più cruciale per i viaggi globali negli ultimi dieci anni della Cina. I turisti cinesi hanno speso circa 260 miliardi di dollari nel 2019, superando tutte le altre nazionalità. La loro assenza prolungata significherebbe che è improbabile che le entrate dei viaggi tornino presto ai livelli prepandemici. I centri commerciali si sono svuotati. I ristoranti hanno chiuso. Gli hotel sono deserti. La flessione sta colpendo in particolare il nord e il sud-est asiatico”.
Anche in Italia, però, gli operatori hanno registrato grosse perdite proprio a causa della mancanza di flussi dalla Cina: «Sentiamo davvero la loro assenza – ha dichiarato al quotidiano americano Alfonsina Russo, direttrice del parco del Colosseo a Roma – i turisti asiatici, soprattutto dalla Cina, rappresentavano circa il 40% dei visitatori internazionali del Colosseo nel 2019. In quell’anno, il sito aveva adattato i suoi pannelli e le sue guide per includere la lingua cinese, insieme all’inglese e all’italiano».
Secondo Fausto Palombelli, responsabile della sezione turismo di Unindustria, la scomparsa dei turisti cinesi ha inferto «un colpo devastante» ad alcune imprese che avevano investito in questo mercato.
IL MODELLO CINESE
Qualche giorno fa, il quotidiano Global Times – molto vicino alle posizioni governative – ha riportato che il noto pneumologo cinese Zhong Nanshan, ha elencato i prerequisiti per un ritorno alla normalità della Cina: tra questi, la necessità che il tasso di mortalità del virus scenda allo 0,1%; poi, è necessario che il tasso di riproduzione del virus rimanga entro un intervallo tra 1 e 1,5; e infine, che l’80-85% della popolazione cinese sia immunizzata (attualmente il Paese ha circa il 79%. di adulti vaccinati).
Chi sperava in una imminente apertura dei confini cinesi, quindi, dovrà ancora una volta attendere tempi migliori.
E nonostante le crescenti insofferenze, anche da parte del comparto turistico cinese, Pechino si dimostra sempre più convinta della propria strategia, che prevede lunghe quarantene obbligatorie per chiunque entri nel Paese dall’estero, voli internazionali centellinati, e lockdown o chiusure immediate non appena viene identificato un focolaio.
La diffusione della variante Omicron nelle ultime settimane, e il conseguente innalzamento dei contagi in occidente, non ha fatto che cementificare la convinzione della Cina di essere sulla strada giusta. Sempre il Global Times ha scritto pochi giorni fa che «la strategia “zero-Covid” e la rapida risposta ai focolai locali, dimostrano che il Paese è in grado di affrontare qualsiasi variante».