La Federazione Turismo Organizzato (Fto), guidata da Franco Gattinoni, ha partecipato alla consultazione pubblica, indetta dalla Comunità europea, per rivedere e risolvere le criticità della direttiva Ue sui pacchetti turistici.
Diverse le criticità segnalate dall’associazione che verranno prese in esame per approfondimenti successivi da parte del legislatore europeo. A partire dalla concorrenza e dal contrasto all’abusivismo, con Fto che sottolinea come «pur constatando che la direttiva nasce con il presupposto di tutelare il viaggiatore allo stato attuale delle cose non fornisce le giuste garanzie alle imprese su questi due importanti temi».
Inoltre, «la pandemia ha dimostrato i limiti della direttiva, in quanto sarebbe stata opportuna una maggiore flessibilità della norma a favore degli organizzatori che, per poter rispettare gli obblighi imposti dalla stessa, hanno subito le conseguenze economiche delle scelte sanitarie e politiche dei loro governi», prosegue Fto.
Quanto agli aspetti più tecnici della direttiva, «la definizione di pacchetti click through e quella di servizi turistici collegati mediante acquisto mirato presso un secondo professionista è estremamente complessa e ciò comporta la sua non applicazione nella pratica. Inoltre, nella definizione di pacchetto turistico dovrebbe essere considerato viaggiatore ai fini della direttiva solo chi viaggia per finalità turistica e non chi viaggia per motivi di studio o di lavoro. Va chiarita, ad esempio, l’espressione corsi di lingua di lungo periodo in quanto non si sa cosa debba intendersi nello specifico».
Passando al delicato tema relativo agli sconsigli e alle restrizioni di viaggio dovute al Covid, secondo la Federazione Turismo Organizzato «i travel warning dovrebbero essere distinti dai veri e propri divieti a viaggiare verso una località o una destinazione. Il divieto limitato a una specifica località non dovrebbe rilevare per i viaggi verso una differente località, seppur situata nel medesimo stato di destinazione che non è oggetto di divieto generico. Durante la pandemia, gli Stati membri hanno disciplinato in modo eterogeneo la possibilità di viaggiare verso la medesima destinazione, con alcune mete che ponevano un divieto, altre un mero sconsiglio».
Infine, il nodo rimborsi: «Durante questi anni non è stato possibile rispettare il termine di 14 giorni, che dovrebbe valere solo laddove non vi siano circostanze eccezionali e straordinarie, quali appunto una pandemia. In caso di problematiche su larga scala, l’organizzatore potrebbe non essere in grado di conciliare il mancato rimborso da parte del fornitore con l’obbligo di rimborsare il cliente entro 14 giorni. In questi casi è preferibile precisare che il rimborso deve essere effettuato il prima possibile», conclude l’associazione guidata da Gattinoni.