Direttiva pacchetti Ue:
la dura lettera di Ezhaya

Direttiva pacchetti Ue: <br>la dura lettera di Ezhaya
20 Marzo 14:58 2025 Stampa questo articolo

È una missiva dai toni espliciti la lettera aperta redatta dal presidente di Astoi, Pier Ezhaya, riguardo all’ultima bozza della nuova direttiva pacchetti Ue, che verosimilmente dovrebbe vedere la luce prima dell’estate. Il testo – che vi riportiamo integralmente di seguito – non ammette repliche.

Mettiamola così: se si vuole danneggiare un settore al punto da farlo chiudere, la nuova direttiva europea sui pacchetti turistici è la strada più breve. Esagerato? No. Semplicemente razionale.

Questa è la direttiva più iniqua, più ideologica, più miope, più violenta e più ingiusta che si potesse proporre. Se verrà approvata, e lo dice un europeista convinto, bisognerà augurarsi che il nostro Paese vada in infrazione. Se l’Italia la recepirà, in infrazione dovremo andarci noi del turismo organizzato, non applicando questa direttiva e riempiendo i tribunali di cause. Le perderemo tutte? Pazienza. Almeno falliremo lottando.

 

Ma perché prendo questa posizione così estrema che di solito non mi contraddistingue? Perché il vaso è colmo, perché le posizioni ideologiche mi hanno stancato e perché l’unica tutela che il consumatore può avere quando viaggia la può avere dal turismo organizzato. Per il resto ognuno fa quel che vuole e auguri. Ma io dico, già la normativa attuale sui pacchetti turistici stratutela il consumatore rispetto alle banche letti o ai vettori aerei e allora, c’era pure bisogno di irrigidirla aumentando il gap? E perché è così facile colpire il turismo organizzato? Forse perché l’Unione europea non ha il coraggio di attaccare le lobby dei giganti tecnologici o quelle delle compagnie aeree?

 

Il Draft Report presentato dal relatore in Parlamento della proposta di modifica della direttiva pacchetti, l’eurodeputato maltese Alex Agius Saliba, è qualcosa di semplicemente inconcepibile. Si tratta di una proposta che non tiene in alcuna considerazione la voce delle imprese europee del turismo organizzato. Vediamo alcune perle:

 

1. Reintroduzione del tetto acconto del 25% e possibilità di richiedere il saldo non prima dei 28 giorni della data di partenza.

 

Ora io dico, ma questo tetto agli acconti è previsto anche per i vettori aerei o per gli alberghi quando applicano le tariffe non rimborsabili? E se l’operatore, per favorire il proprio cliente dovesse acquistare dal vettore una tariffa a emissione immediata (e, quindi, soggetta a pagamento immediato) dovrebbe coprire finanziariamente il delta tra il 25% che impone la legge e il 100% che chiede il fornitore? E perché mai questo dovrebbe accadere?

2. Istituzione di un Trust per garantire gli acconti.

 

Qui siamo davvero all’apoteosi; ma non c’è già una legge che impone a tutti gli attori del turismo organizzato, tour operator e agenzie (non certo a vettori aerei o alle banche letti) di avere un fondo per insolvenza e fallimento che copre sia acconto che saldo? E allora a che cosa serve questo trust? È incredibile; non solo questo obbligo esiste per gli operatori del turismo organizzato e non per gli altri attori turistici, ma addirittura adesso bisogna anche creare un trust. W la fantasia.

 

Nessun perimetro e nessuna oggettività sulle circostanze straordinarie che regolano il recesso senza penale. In più, se il ministero degli Affari Esteri emana un travel warning c’è la possibilità per il cliente di annullare senza penale a 28 giorni dalla data di partenza.

Già oggi, con la direttiva attualmente in vigore, in caso di circostanze inevitabili e straordinarie (ad esempio le catastrofi naturali) verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze, il tour operator deve riproteggere il viaggiatore e, se questo non accetta, lo stesso ha diritto di recedere dal contratto ottenendo il rimborso integrale del costo del pacchetto. Nella “nuova versione” della direttiva non c’è alcun perimetro oggettivo per tali circostanze eccezionali, un passaggio che specifichi ad esempio che le stesse sono limitate alle sole catastrofi naturali, pandemie, etc.

 

In questo modo si apre il fronte a un’interpretazione che potrebbe condurre a ricomprendere qualsiasi ipotesi di impedimento personale, soggettivo, del consumatore. Non contenti, si vorrebbe introdurre anche la possibilità di recedere in virtù di un travel warning emanato dal ministero degli Affari Esteri. Anche questa è molto fantasiosa; ci sono state fatte lezioni sul fatto che i warning del ministero degli Esteri erano solo avvisi e non dovevano rappresentare dei divieti e adesso il cliente può cancellare senza problemi, addirittura 28 giorni prima della partenza, senza nemmeno attendere l’evolversi di una situazione, che potrebbe anche rientrare? Domanda: questo vale anche per i vettori? Se c’è un travel warning devono rimborsare il biglietto? E se non sono comunitari ci si è posti il problema?

 

3. Riduzione del timing di rimborso per fallimento e insolvenza da nove a tre mesi.

 

Beh, certo; non solo dobbiamo avere un fondo per insolvenza e fallimento che altri non hanno ma anche sbrigarci a rimborsare senza nemmeno avere il tempo di esaminare la copiosa documentazione che potrebbe essere prodotta magari da migliaia di clienti? Mica si perde tempo qui.

Sono previste sanzioni pecuniarie fino al 4% del fatturato in caso di violazione delle previsioni della direttiva. Mi sembra giusto. In un settore che se va bene fa un Ebitda del 5%, imporre una sanzione del 4% se non si ubbidisce mi sembra il minimo.

 

Davvero non comprendo l’accanimento; ma che vi ha fatto questo settore? Vi sembra un settore che specula sui consumatori? Se lo facesse non avrebbe dei profitti un pochino diversi? E allora perché, ancora una volta, infliggere questo colpo di sciabola al turismo organizzato e risparmiare tutti gli altri attori? Sono così ingenuo che pensavo che si sarebbe riequilibrato il gap e invece? Ma no, divarichiamolo ancora. A morte il turismo organizzato, fatto da approfittatori cinici e ingordi di ricchezza!

 

Il ministro Santanchè ha assicurato il proprio impegno per contrastare questa pericolosa deriva e noi la ringraziamo sentitamente. Se necessario la questione va affrontata anche a livello di Presidenza del Consiglio perché il rischio di chiusura di migliaia di imprese è più che concreto. Non si può affossare così un settore che aveva appena rimesso la testa fuori dall’acqua dopo l’apnea del Covid.

 

Ma che vi abbiamo fatto?

Su questa cosa serve davvero coraggio e spirito combattivo. Fosse l’ultima cosa che farò per questo settore, questa volta, lo giuro, sono pronto a “tutto”.

La diplomazia va bene, ma questo è davvero troppo.

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