“Alla Questura di Vicenza bisogna aspettare 5 mesi. Per quella di Verona ci sono problemi. A Padova non è nemmeno possibile prendere appuntamento e fino ad aprile è pieno. E ho la sensazione che nelle altre province d’Italia la situazione non sia più rosea. Rinnovare un passaporto è al momento un’impresa che rasenta l’impossibile”. In un post su Facebook che sta diventando virale, un professionista del travel – il padovano Filippo Zuliani, area manager di Quality Group – ha denunciato con parole efficaci la nuova epopea italiana dei lasciapassare per viaggiare all’estero. Una falla di sistema che investe l’Italia intera e richiede, ora e con urgenza, l’intervento del governo: dal Viminale al ministero del Turismo, fino alla Farnesina.
Nel post intitolato “Dov’è finito il mio passaporto? (E quello di tutti gli altri che devono rinnovarlo)”, Zuliani si domanda cosa stia succedendo. E la risposta è la seguente: “Ok, per due anni non ne sono stati rilasciati e si sono accumulate diverse scadenze. Ok, la Brexit ha creato un surplus di richieste per chi vola in Uk. Ok, l’emergenza Ucraina ha richiesto l’impiego di personale per altri legittimi scopi”.
“Però – aggiunge – è proprio il caso di dirlo, senza passaporto non si va da nessuna parte (o quasi). Per un settore come quello turistico legato all’outgoing già messo in ginocchio da pandemia, crisi economica e guerre varie, perdere migliaia di potenziali clienti per un mero impiccio burocratico è davvero preoccupante. Senza contare l’impossibilità del cittadino di esercitare il suo diritto a spostarsi all’estero”.
Che fare? L’interrogativo principe è questo. “Se ci fosse un ministero del Turismo – prosegue sarcastico – chiederei perlomeno di interessarsi al problema e di concertare con gli altri ministeri coinvolti delle possibili azioni”. E tra le possibili soluzioni propone: “Semplificare le procedure (per esempio autorizzando un singolo appuntamento in caso di più richieste della medesima famiglia); ottimizzare il coinvolgimento di Comuni e Polizie Locali nella raccolta delle istanze; ma soprattutto sbloccare le assunzioni al fine di non dover spostare risorse da altre attività altrettanto utili”.
“Vogliamo poi anche rivedere il concetto di urgenza?”, si domanda, stimolando una riflessione in merito: “Legittime le necessità di carattere medico sanitario ma il concetto di urgenza per esigenze lavorative mi porta sempre a riflettere. Giusto per capirsi: dietro a ogni richiesta passaporto per motivi di turismo ci sono decine di persone (agenzie di viaggi, tour operator, guide, autisti) che lavorano. Quindi, occhio a non farsi abbagliare”.
Nella chiosa, infine, Zuliani precisa: “Ovviamente so che il ministero del Turismo c’è. Spero che abbia la lungimiranza per adoperarsi su questa questione”.
La questione dei passaporti lumaca è affrontata a spron battuto dalle associazioni di categoria del travel. Sollevata da Maavi sin dalla scorsa primavera, è ora anche uno dei temi cruciali per Fto. In una delle più recenti note a firma del presidente Franco Gattinoni, la Federazione Turismo Organizzato ha reso pubbliche le giustificazioni addotte dal ministero dell’Interno: in primis il «notevole incremento delle domande presentate, dipendente da svariati fattori, taluni anche di natura contingente, legati all’evoluzione della pandemia e alla ripresa dei flussi turistici».
Il Viminale ha poi reso partecipe la sigla dello svolgimento, «in diverse realtà territoriali, di open day straordinari per smaltire le richieste e assicura interventi volti al superamento delle criticità con specifiche indicazioni alle Questure».
Una risposta che non ha soddisfatto l’associazione, secondo cui – stando agli ultimi dati raccolti – nel 35% dei casi servono almeno 5 mesi per fissare un appuntamento e in due casi su tre sono necessari non meno di tre mesi per rinnovare il passaporto. La faccenda, denunciava Fto, impatta sul 73% del campione trade coinvolto nell’indagine.
Il tema è stato sollevato anche agli Stati Generali di Chianciano, a cui, come sappiamo, non ha partecipato il ministro del Turismo Daniela Santanchè. L’auspicio è che, come da lei stessa promesso, questa e altre questioni spinose per l’industria dei viaggi siano comunque in cima ai faldoni sulla sua scrivania.