Ora è ufficiale: la web tax è stata rinviata al 2021. L’Ocse ha infatti diffuso una nota dove formalizza il fallimento dell’accordo sulla riforma del fisco internazionale che comprendeva anche l’inclusive framework e avrebbe interessato 137 Paesi nel mondo. C’è amarezza e rammarico nelle note dell’Ocse che avrebbe voluto avviare più rapidamente il suo Programma anti-elusione fiscale da parte delle multinazionali che presidiano internet.
«L’alternativa a un accordo sarebbe una guerra commerciale» è stato lo scenario prospettato da Angel Gurria, segretario generale dell’Ocse, ma purtroppo al momento dobbiamo rinviarne l’attuazione, perché non ci sono le condizioni». Quella della riforma fiscale a livello internazionale tocca da vicino gran parte dei mercati e lo spettro della moltiplicazione di dazi, veti e tasse sul web unilaterali potrebbero impattare pesantemente sull’economia mondiale.
La riforma che sta discutendo l’Ocse poggia su due finalità specifiche: da un lato tassare adeguatamente i giganti della Rete dove generano reddito e che proprio in virtù della tecnologìa applicata non hanno presenza fisica nei territori nazionali dove operano e dall’altra quella di fissare una aliquota minima mondiale (si ipotizza il 12%) per scongiurare la pratica del trasferimento dei profitti nei cosiddetti paradisi fiscali.
Da tempo l’Ocse ha richiamato l’attenzione dei governi sulla necessità di regolamentare le attività di colossi come Google, Booking, Expedia, Amazon.