E se l’Italia venisse commissariata dall’Ue? Tutti i rischi della crisi
Altro che Grecia. La crisi di governo che si abbatte sul già devastato scenario socio-economico generato dalla pandemia, fa affiorare il rischio concreto che il nostro Paese, a marzo, venga commissariato dall’Unione europea. Un’autentica sciagura sotto ogni punto di vista, perché il prolungarsi della instabilità politica derivante dalla crisi dell’esecutivo, con l’ipotesi di elezioni anticipate, metterebbe una seria ipoteca all’erogazione di quei 209 miliardi di euro messi a disposizione dalla Ue per la ripartenza dell’Italia.
Dopo l’occasione perduta di quei 165 miliardi di euro che il governo italiano ha erogato a pioggia sotto forma di sussidi, ristori, contributi e aiuti di vario genere, nei mesi seguiti alla prima ondata della pandemia, al nostro Paese rimane soltanto l’ultimo treno dei soldi stanziati da Bruxelles che, come condizioni sine qua non, chiede profonde riforme nella sanità, nel lavoro e nella pubblica amministrazione, oltre che un serio piano per la digitalizzazione, l’ambiente e la inclusione sociale.
Non a caso il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, pochi giorni fa ha provocatoriamente dichiarato che se fallisce l’aggancio di questa enorme dotazione di denaro non è solo il governo ad andare a casa, ma si va a casa tutti.
A rincarare la dose Confcommercio ha reso noto, sempre di recente, che dal febbraio 2020 al febbraio 2021 saranno oltre 300mila imprese a chiudere i battenti; il ché significa un terzo dell’apparato produttivo italiano, con almeno 1 milione e 200mila disoccupati che non avranno valide alternative di reinserimento rapido. Cifre che si traducono in una tragedia sociale di inimmaginabili proporzioni.
Di fronte a questo scenario, nel quale figurano in prima fila tutte le imprese del comparto turistico, la classe politica italiana ha generato una crisi di governo incomprensibile che se dovesse sfociare in nuove elezioni, significherebbe incrementare il ritardo di interventi e aiuti di almeno altri due mesi. Un ritardo fatale che farebbe perdere all’Italia il treno dei 209 miliardi di euro del Recovery Fund, gettando dunque le premesse per un commissariamento dell’intero Paese.
Difficile non pensarci e ancor più difficile non lasciarsi prendere dal panico. L’unico conforto è assistere all’encomiabile capacità di reazione di una imprenditoria come quella turistica che, in questa drammatica situazione, ha finalmente mostrato un senso di responsabilità e una capacità di reattività propositiva che non meritano il livello di questa classe politica.