Io sono Ivana: sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana. Potrebbe fare il verso al mantra del premier Giorgia Meloni quello del neo amministratore delegato di Enit, Ivana Jelinic, nomina ufficializzata oggi con decreto Mitur che la vedrà sostituire l’attuale ad Roberta Garibaldi. La raggiungiamo al telefono nelle ore della ratifica dell’incarico. Un passaggio di testimone fortemente voluto dal ministro del Turismo, Daniela Santanchè, che porterà Jelinic a occuparsi del sistema-Paese, costringendola però a una rinuncia: lasciare la “sua” Fiavet, la federazione delle agenzie di viaggi di Confcommercio da lei presieduta ormai dal 2018. «Facciamola subito questa intervista», ci dice, «nel pomeriggio accompagno mia figlia agli open day per il liceo». Un impegno, anche questo, che richiama la storia recente di donne-mamme alla guida del Paese.
Da un’agenzia di viaggi umbra al timone di Fiavet nazionale, fino ai vertici di Enit. Come si sente in questo nuovo ruolo?
«Che dire, mi sento onorata, ma soprattutto investita di una grande responsabilità».
Una carriera senza precedenti la sua. Come ha fatto ad arrivare sin qui?
«L’unica cosa che ho sempre saputo è che bisognava darsi da fare. Ho lavorato a testa bassa e ho sempre fatto del mio meglio. Senza smanie, senza mai pensare di volere “fare carriera”. Tutto è avvenuto in modo molto naturale».
Anche in Fiavet, dopo qualche scetticismo iniziale, si è guadagnata stima e credibilità.
«Mi hanno scelto come guida prima a maggioranza e poi all’unanimità. Una cosa la riconosco a me stessa: ho sempre agito con onestà intellettuale e una visione volta al bene comune. E a chi mi accusa di avere un’agenzia senza dipendenti, semplicemente dico: in questi anni ho avuto un ruolo istituzionale che mi ha costretto a penalizzare la mia attività. Ma se le imprese aderenti a Fiavet mi hanno riconfermato presidente dopo il primo incarico, è evidente che mi ritenessero adeguata. La nomina all’Enit si inserisce in questo percorso».
A questo punto verranno onori, ma anche molti oneri. Cosa la preoccupa e cosa invece la entusiasma?
«Mi spaventa la complessità di una macchina molto articolata. Enit ha 200 dipendenti e 28 sedi estero. Una struttura imponente con tante sfaccettature e molteplici interlocutori: in primis le Regioni, poi i privati, con il cappello sempre in dosso del ministero. Mi entusiasma, invece, l’idea di mettere a sistema le mie conoscenze ed esperienze. Così come ho cercato di far compiere a Fiavet una scatto manageriale, allargandone la visione, così cercherò di dare all’Enit la mia impronta. Mi esalta il pensiero di poter aiutare il sistema Paese e fare squadra, presentarci finalmente compatti all’estero».
Essere una donna è stato un ostacolo o un vantaggio?
«Siamo in una società che premia le donne con più fatica. Ma quello che all’inizio era un limite, ora sembra esserlo meno. Oltre al premier Meloni e al ministro Santanchè, è donna anche il capo di gabinetto del Mitur, Erika Guerri: giovane, bionda e molto molto in gamba. Non ho mai fatto questioni di genere e ho sempre concepito il maschile e il femminile come mondi complementari, ma non nego che in questa fase sento uno scatto di orgoglio».
Come reputa il ministro Santanchè?
«Una donna capace e intelligente, che da subito ha voluto circondarsi di persone competenti e preparate. Sin dalle prime battute del suo mandato, ha studiato i dossier aperti, cercando di comprendere a fondo questo mondo complicatissimo dalle mille sfaccettature. È una donna estremamente attiva e rapida nelle decisioni. Una velocità a cui non eravamo abituati. Confido che possa portare al settore quel quid in più è quella concretezza tipici delle imprenditrici».
C’è chi sostiene foste amiche. È vero?
«Purtroppo no. Ci siamo incontrate tre volte in tutto: una, durante un convegno, prima che diventasse ministro; le altre due dopo. Ma non siamo legate da un rapporto di amicizia».
Cosa c’è in cima alla sua agenda di ad Enit?
«Oltre ai passaggi tecnico-formali, come la presentazione alle Regioni e via dicendo, ho fissato già una serie di obiettivi: ascoltare sempre di più le amministrazioni locali e fare sistema anche con i principali referenti nel mondo dei trasporti, da Ita Airways alle ferrovie. È fondamentale che molte attività vengano fatte insieme: questa sinergia sarà una leva importante nei pacchetti di servizi per gli stranieri che visitano l’Italia».
Resta ancora vacante la poltrona di presidente Enit. Cosa ci dice a riguardo?
«Ancora non è stata presa una decisione. Si è scelto di partire dall’amministratore delegato per rimettere in moto la macchina, dopodiché si passerà alla presidenza».
Lascerà quindi la guida di Fiavet?
«Sì. Le dimissioni arriveranno a strettissimo giro. Al mio posto immagino subentrerà un vicario fino a nuove elezioni».
Con che spirito se ne separa?
«Saluto una federazione a cui ho dato tanto e che mi ha dato tanto. Lascio un pezzetto di cuore. Ammetto che è doloroso, anche perché la sento come una mia creatura in cui ho creduto fortemente e della quale mi sono resa responsabile. Non è facile, ma è una scelta inevitabile. Da amministratore pubblico, non voglio ci siano elementi di conflitto. Sarà mio dovere dialogare con tutti, dando attenzione a 360 gradi agli interlocutori. Lasciare Fiavet mi fa male, ma è la scelta migliore».
Immagino continuerà ad avere un occhio di riguardo per le agenzie di viaggi.
«Le adv sono un segmento strutturalmente importante nelle filiera turistica. Io sono agente di viaggi e, circa dodici anni fa, ho messo in piedi la prima rete di agenzie di viaggi ricettiviste, Umbria Incoming. È una realtà che conosco bene, tanto da sapere cosa si aspettano da Enit e dalla Stato».
Cosa si aspettano adv e operatori italiani?
«Maggiori opportunità. È nostro dovere permettere alle aziende di sviluppare e aumentare il loro business. Lo Stato deve essere un “facilitatore”, deve sostenere le imprese che a loro volta devono produrre economia».
Buona fortuna e buon lavoro, Ivana Jelinic.