Dei 25 milioni di italiani che, normalmente, partono tra giugno e settembre, 4,5 non lo hanno fatto e non lo faranno. Degli altri 20,5 milioni, il 71% ha fatto almeno una vacanza di 5 notti o più, mentre il 18% si è concesso solo uno o più soggiorni brevi: il 5% si è invece limitato a escursioni giornaliere, e il 6% punterebbe su settembre. I numeri arrivano dal consueto Osservatorio Confturismo Confcommercio, che parla di una negativa concentrazione temporale delle scelte di viaggio, che mette in crisi tutti gli sforzi compiuti in passato per destagionalizzare i flussi.
Ben il 51% delle partenze risiede tra la seconda metà di luglio e agosto. Male giugno, scelto solo dall’8%, e la prima metà di luglio, mentre settembre sembrerebbe resistere, con un 12% totale. Concentratissime anche le preferenze di destinazione, con le mete balneari al 64% e a seguire la montagna al 18% e le città d’arte, che non si schiodano dal 9%. Un panorama che influisce negativamente anche sulla percezione del costo della vacanza, giudicata esplicitamente come elemento critico di quest’estate dal 2% degli intervistati, che dichiara di avere speso più di quanto intendeva.
Molti gli italiani che rispondono di avere dedicato quest’anno alle vacanze un budget inferiore che in passato: il 14% rispetto al 2020 e addirittura il 30% rispetto al 2019.
Timidi segnali positivi per i viaggi all’estero: le destinazioni d’oltralpe sono state scelte dal 14% degli intervistati concentrati pressoché esclusivamente su Grecia, Spagna e Francia. Il successo italiano di quest’estate è la Puglia.
In questo quadro continuano a mancare i grandi flussi di origine estera. Al netto di fenomeni di prossimità, come quelli che hanno, ad esempio, riportato buona parte dei turisti di lingua tedesca sulle spiagge di Veneto e Friuli, e di un contenuto segnale positivo dato dagli Europei, di intercontinentali se ne vedono ancora pochissimi.