Aprire le porte del Vecchio Continente al mercato internazionale del turismo e promuovere il brand Europa oltreconfine, tanto più ora, a elezioni concluse. È questa la mission dall’Etc, l’European Travel Commission, presente con il suo stand al recente Itb China di Shanghai. Si tratta dell’organizzazione che raggruppa gli enti di promozione turistica europei, come l’italiana Enit. Nonostante il nome faccia pensare a una struttura di tipo istituzionale, è un’associazione. E ne fanno parte anche Paesi non membri Ue, con vantaggi innegabili soprattutto per chi rientra nell’area Schengen. Così, gli ultimi due arrivati in questo contesto privilegiato senza frontiere interne, Bulgaria e Romania, hanno da subito goduto di visibilità e dell’attenzione degli operatori del travel. L’Agenzia di Viaggi Magazine ha intervistato in terra cinese Miguel Gallego, head of marketing Etc.
Avevate già partecipato a Itb China?
«Fin dalla prima edizione, nel 2017. Questo è il secondo anno, dopo la pandemia».
Com’è andata questa edizione? Che interesse avete registrato?
«Positivo fin dal primo giorno. Il mercato cinese è in crescita. Erano presenti 25 partner europei tra destinazioni e società. Il primo giorno è stato veramente affollato, come al solito. Abbiamo fatto numerosissimi incontri e i nostri partner hanno riallacciato rapporti che si erano persi durante la pandemia. Siamo sempre presenti nelle fiere turistiche che si svolgono fuori dall’Europa».
Proponete un’immagine unitaria dell’Europa, che però è composta da Paesi molto diversi. A quali sono più interessati i turisti cinesi? E quali emozioni suscita loro un viaggio nel Vecchio Continente rispetto ad altre destinazioni?
«Sì, noi proponiamo il brand Europa fuori dell’Europa. Sappiamo che per i turisti cinesi è il primo viaggio al quale pensano. Poi decidono quali Paesi visitare e di solito ne visitano due o tre durante la stessa vacanza. Quindi è ragionevole promuoverci tutti insieme, come un unico continente e non come concorrenti. Possiamo guadagnarci tutti lavorando in sinergia. Questa è l’idea di fondo della European Travel Commission: portare insieme destinazioni molto popolari, come Italia, Spagna o Francia, e introdurre anche nuove location europee, come la Romania e la Bulgaria, che sono appena entrate nell’area Schengen, diventando così più accessibili per i turisti cinesi. E poi anche le destinazioni dei Balcani, come la Serbia e il Montenegro, sono molto popolari quest’anno grazie agli ottimi collegamenti con la Cina e alle buone relazioni tra i Paesi. Quindi non si tratta solo di promuovere le nazioni più conosciute ma di introdurre nuove mete e nuovi prodotti che i viaggiatori asiatici potranno apprezzare venendo in Europa».
Lei dice che è importante il brand, la notorietà di una destinazione, ma più importanti sono i collegamenti e i rapporti tra i Paesi.
«Esattamente. I collegamenti tra Cina ed Europa giocano un ruolo importante nell’attrarre più turisti verso il continente. Noi abbiamo ancora bisogno di ripristinare i collegamenti aerei che c’erano prima della pandemia. La situazione sta migliorando, ma non siamo ancora tornati a quei livelli. E poi servono le agevolazioni per i visti. Sono tutte cose che incidono sulla decisione dei cinesi di venire da noi. Ed ecco il motivo per cui siamo qui: aprire ancor più le porte del Vecchio Continente al mercato asiatico e non solo».
Ci ricorda con precisione la mission della European Travel Commission?
«Siamo un’associazione no profit, con sede a Bruxelles, i cui membri sono le organizzazioni nazionali del turismo di 35 Paesi europei. Dalla Francia al Portogallo alla Germania alla Romania, passando per l’Italia. Da 75 anni il nostro obiettivo è promuovere il Vecchio Continente come destinazione turistica: ci occupiamo della diffusione del brand Europa sui mercati lungo raggio, come la Cina, appunto. L’attività di promozione pura viene poi integrata da iniziative collaterali, strumenti efficaci per far crescere l’interesse nei confronti delle strutture turistiche europee. È il caso del premio per le “Destinazioni di turismo culturale sostenibile”, che viene assegnato per il settimo anno di fila in collaborazione con Ectn – European Cultural Tourism Network, Europa Nostra e NecsTour – Network of European Regions for Competitive and Sustainable Tourism. Per supportare le imprese turistiche, quest’anno l’Etc ha lanciato anche un’iniziativa che punta a formare le figure professionali sempre più difficili da trovare in questo settore. Insieme all’Università del Surrey, ha pubblicato due libri per ragazzi, “Dee and Flee at the Theme Park” e “Searchlight: The Rock”, realizzati per invogliare i più giovani a intraprendere una carriera nell’ambito dell’ospitalità. Per approfondire il ruolo dell’Etc e avere una panoramica su come stanno andando le destinazioni europee».
Non accogliete solo Paesi membri dell’Ue?
«No, c’è per esempio anche la Turchia e c’è la Svizzera. E poi l’Islanda, la Norvegia. Nel tempo Etc è cresciuta e oggi ne fanno parte, oltre a 35 organizzazioni nazionali di promozione turistica, soci effettivi, anche una ventina di membri associati, che sono imprese private della filiera dell’industria turistica. Ci sono, quindi, compagnie aeree, come Emirates, catene alberghiere, ad esempio Hilton, piattaforme di prenotazione, come Expedia, e perfino Google».
Quali sono le azioni più incisive per ottenere risultati concreti?
«Oltre alla presenza nelle fiere, organizziamo roadshow e workshop con i soci. Abbiamo rapporti stretti con i media e le istituzioni. Produciamo tante ricerche di mercato su trend e performance di mercato. Lavoriamo anche sulle agevolazioni dei visti e il dialogo tra i popoli. Quindi è una combinazione di marketing e relazioni istituzionali internazionali che giocano un ruolo nella cooperazione tra i Paesi».