“Core de sta città”. Ma da ieri, forse, un po’ meno volano di Expo 2030. Dalle maglie della As Roma sparisce quello che probabilmente è l’acronimo più famoso a livello identitario di una città, SPQR, a beneficio di uno sponsor arabo, “Riyadh Season”: contratto biennale da 25 milioni di euro. Tutto assolutamente legittimo, ci mancherebbe altro, petrodollari non olent. In attesa dell’annuncio ufficiale, l’indiscrezione è andata di traverso al Campidoglio e alla Regione Lazio, in vista dell’assegnazione del 28 novembre a Parigi dell’edizione Expo, in programma fra 7 anni: Roma è in lizza proprio con Riyadh e la sudcoreana Busan.
La Roma è scesa subito in campo per respingere con fermezza l’accusa di “alto tradimento”. La società guidata dai Friedkin ha voluto sottolineare come una delle basi della trattativa sia stata proprio quella di non voler legare la sponsorizzazione alla candidatura di Riyadh: per questo fonti interne al club negano che sulla maglia possano comparire scritte come “Visit Riyadh “. Inoltre, la Roma non crede che un negoziato fra privati possa inficiare la scelta finale per la sede di Expo, che peserà 10 miliardi di euro in termini di impatto economico per la città vincitrice.
Non esattamente bruscolini, ecco perché il sindaco Roberto Gualtieri e il governatore Francesco Rocca – volati di recente a New York per promuovere la candidatura di Roma – non hanno fatto salti di gioia: «Potevate almeno avvertirci», la sintesi del disappunto espresso al club da Gualtieri, che ha lamentato una «mancanza di stile».
All’attacco anche la Regione, che non ha perso tempo per ricordare ai Friedkin come una parte dei finanziamenti per le infrastrutture utili anche al nuovo stadio della Roma, a Pietralata, potrebbe dipendere dall’aggiudicazione dell’Expo.
Un contropiede insidioso, che però difficilmente frenerà un accordo ormai in via di definizione. Se l’assist – involontario – della Roma a Riyadh sarà decisivo lo sapremo tra 54 giorni.