Turismo organizzato o fai da te? Per parlarne, affidiamoci a un raviolo. O meglio, a un aneddoto raccontato dal presidente di Astoi, Pier Ezhaya, nel quarto appuntamento della sua rubrica social Il Cerchio.
«Una volta ho partecipato a un evento con uno chef stellato – dice – Oltre a lui, c’erano una ventina di aspiranti chef. L’evento si svolgeva così: a ogni aspirante chef venivano dati gli stessi ingredienti per preparare un raviolo. Stesso impasto, stesso ripieno; ovviamente lo preparava anche lo chef stellato. Una volta cotti, a ognuno degli aspiranti chef venivano dati i due ravioli: quello preparato dallo stellato e quello preparato dall’aspirante. A parità di ingredienti, il risultato era nettamente diverso e a dirlo era proprio l’aspirante. Questo secondo me vale anche per il turismo perché quello che segna la differenza non è solo il cosa, ma anche il come. La professionalità, o meglio, il mestiere è l’elemento determinante per generare questo delta di risultato».
E qui il presidente di Astoi lascia da parte la metafora gastronomica per entrare nel vivo della professione. «Il turismo organizzato non offre come prima proposta il prezzo più basso – chiarisce – Non che si sia arreso su questa partita, semplicemente ne gioca un’altra. Un conto, e lo diciamo col massimo rispetto, è scegliersi in completa autonomia un albergo da una banca letti che ne offre migliaia, sapendo di non avere nessun tipo di assistenza; altro conto è acquistare un viaggio in cui magari c’è anche un intrattenimento in cui quello hotel è stato testato, in cui hai la massima assistenza prima, durante e dopo il viaggio. Un conto è organizzarsi da solo un viaggio itinerante un altro Paese; altro conto è appoggiarsi a professionisti che fanno questo di mestiere e che conoscono ogni piccola piega di quello specifico Paese per viverlo al meglio».
A chi obietterebbe che si tratta di valori astratti, Ezhaya ricorda come si è mosso il settore appena iniziata la pandemia, «quando bisognava far rientrare migliaia di italiani dall’estero. Il valore c’è, su questo non si discute. E se esiste un valore in qualsiasi settore merceologico bisogna farselo pagare. Senza esagerare, d’accordo, ma anche senza vergognarsi perché produrre quel valore ha necessariamente un costo. Peraltro i consumatori sono crossing, ossia passano da un modello all’altro con grande dinamicità e a volte a seconda del tipo di viaggio che fanno. Magari fanno un weekend a Parigi utilizzando una banca letti e un low cost e poi vanno in Giappone a fare un tour assistito e garantito puntando sul turismo organizzato e sulla massima assistenza».
La questione, quindi, va ben oltre il dualismo tra i modelli turismo organizzato/turismo fai da te. Non si tratta di esaltare o demonizzare. Il tema è piuttosto quello del buono e dell’ottimo. «I due modelli non sono in conflitto, ma semmai sono complementari, alternativi, e spesso si fa fatica a comprendere perché uno dovrebbe necessariamente mangiare l’altro – spiega – Partiamo da un dato di fatto e da una grande verità: l’avvento della tecnologia ha cambiato radicalmente il mondo in cui viviamo, l’ha fatto in tutti i settori. Sarebbe assurdo pensare non l’avesse fatto anche nel turismo. Anzi, forse nel turismo l’avvento è stato anche più violento e immanente e ha messo a dura prova un comparto che fino ai primi anni 2000 godeva di ottima salute. Da qui a dire che l’abbia spazzato via però c’è ancora un pezzo. Diciamo che la tecnologia e il cambiamento dei comportamenti di acquisto dei consumatori ha se non altro creato una netta differenza tra le due selling proposition. Nel momento in cui si sono affacciate nel mercato, le nuove tecnologie, che più di ogni altra promessa garantivano gamma e prezzo, hanno obbligato i player del turismo organizzato a reinventare la propria proposta di vendita quasi divaricando ancor di più le differenze dall’altro modello».
Ed è proprio la tecnologia la chiave, il che vale per entrambi i modelli di turismo. «C’è una cosa che i due modelli ci impongono di fare ed è quella di essere comunque tecnologici e aggiornati, veloci e performanti – aggiunge – Ecco perché bisogna essere presenti in tutti i touch point con il cliente. Essere presenti anche sul canale online significa competere con i grandi player tecnologici e provare a portare quel cliente all’interno del turismo organizzato e strapparlo al fai da te. Certamente qualche cliente prenoterà anche direttamente, ma la maggior parte dei clienti converte in agenzia. E questo non lo dice il presidente di un’associazione, ma i trek di Google che ci indicano chiaramente che in presenza di parity rate i clienti tendono a fare proprio questo. Del resto non è quello che facciamo anche noi quando acquistiamo in altri settori? Quindi orgoglio e fierezza per il valore del turismo organizzato. Non svendiamolo perché vale e più ne saremo convinti più saremo leggibili a un consumatore che qualche volta in una vacanza non vuole accontentarsi del buono, ma cerca l’ottimo e sogna di tramutare la sua esperienza da piacevole a indimenticabile. E noi siamo qui per questo».