by Redazione | 1 Ottobre 2020 11:47
A ottobre Federalberghi Veneto fa un bilancio sulle località turistiche della regione. Un’estate iniziata in ritardo, vissuta all’ombra del coronavirus, i cui effetti si sono abbattuti sulle presenze e sui fatturati delle strutture turistiche con cali impressionanti e la chiusura definitiva di alcune attività.
A settembre, l’unico segno positivo riguarda Jesolo, con un +7,7% dei fatturati negli hotel rispetto allo stesso mese del 2019. Un dato che non pareggia i conti: il calo medio dei fatturati da gennaio a fine settembre, lungo tutto il litorale, si assesta attorno al 50%.
Non va meglio la montagna, con un calo di oltre il 60%, mentre il lago di Garda arriva a oltre -55%. A soffrire di più sono le città d’arte, con fatturati a picco, da gennaio a settembre, e diverse strutture costrette alla chiusura temporanea o permanente. Nei capoluoghi storici del Veneto il dato medio dei fatturati si avvicina al -75% rispetto ai primi 9 mesi del 2019, con punte del 90% in alcune città.
Sono i dati che emergono dal check di Federalberghi Veneto, il terzo di questa stagione sui numeri della piattaforma H-Benchmark e sulle valutazioni dei presidenti territoriali di Federalberghi Veneto, che confermano lo stato di forte sofferenza del settore ricettivo. Le misure adottate fin qui, come i bonus vacanza e i provvedimenti a sostegno dei lavoratori, hanno solo tamponato la situazione senza sortire gli effetti sperati.
«Servono aiuti a fondo perduto – è l’appello del presidente di Federalberghi Veneto Marco Michielli – In caso contrario, saranno molte le aziende a saltare, e con queste i posti di lavoro. Basti pensare che un hotel di 100 camere ha circa 40-45 dipendenti che, in assenza di interventi specifici, rischiano il licenziamento. Andrebbe prorogata, a questo proposito, la cassa integrazione in deroga, almeno fino a marzo, se non fino a ottobre del prossimo anno».
Michielli sottolinea che «partiamo da una stagione nera, che ha impattato più debolmente solo sulle spiagge, e la prospettiva è meno incoraggiante di quel che auspicavamo. Vedevamo in settembre e ottobre una possibile ripresa del turismo straniero, il grande assente, ma l’aumento dei casi di coronavirus nei Paesi europei sta inchiodando il mercato. Il turismo interno ha compensato solo in parte, ma non è bastato. La ripresa per ora non si vede. Il rischio che molti alberghi chiudano è concreto, con la prospettiva di eventuali future acquisizioni e di dover consegnare le nostre strutture in mani non proprio di specchiata professionalità».
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