Federturismo nell’era Lalli:
«La ripresa sarà dura»

Federturismo nell’era Lalli: <br>«La ripresa sarà dura»
22 Maggio 07:00 2020 Stampa questo articolo

«Io sono ottimista di natura, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno ma ci vorrà tanta fatica, determinazione e soprattutto tanta fortuna per riempirlo». Una visione positiva, ma pragmatica quella di Marina Lalli, a poche ore dalla sua designazione a presidente di Federturismo – nomina che sarà formalizzata dall’assemblea dei soci a giugno, ndr – riguardo l’estate e il secondo semestre 2020. Lalli è consapevole di occupare una poltrona calda vista la grave crisi in cui versa il settore del travel in seguito all’emergenza scatenata dalla pandemia di Covid-19.

Parte la sfida della ripartenza: quali sono le aspettative?
«Se le misure rimangono quelle scritte nel decreto Rilancio, vedo una ripresa molto dura e complicata perché i provvedimenti non sono adeguati ad accompagnare le aziende del turismo in questo periodo di crisi. Bisogna considerare che gran parte delle imprese venivano già da una attività di bassa stagione e in pochi giorni hanno interrotto totalmente la loro vita produttiva. Ora si trovano a dover lavorare con altre modalità, aumentando i costi per il distanziamento, innovando certi servizi. Ma c’è di più: tutto il patrimonio delle prenotazioni oggi si è azzerato e ricominciare a ricostruire un portfolio clienti a pochi giorni dall’inizio della stagione estiva, è dura. Sicuramente per l’estate si recupererà solo in parte, se il picco dell’emergenza del coronavirus si chiuderà qui».

Qual è il passaggio-chiave nella fase di ripartenza?
«Vista la particolarità di questa emergenza direi che la comunicazione sarà un fattore di fondamentale importanza: perché se dovesse ripresentarsi qualche episodio di contagio in location o strutture turistiche, sarà bene gestirlo nel modo più responsabile, da parte di tutti. Si dovrà sempre dare priorità alla salute, ma scongiurare ogni sensazionalismo che diventerebbe il nemico numero uno, in quanto andremmo a stressare un settore già devastato».

Esaminando i decreti del governo, c’è qualche categoria che è stata trascurata?
«Purtroppo sì. Premetto, però, che la filiera si è compattata dato che il turismo è uno dei pochi settori a essere fortemente interconnesso e non esiste un’impresa in grado di vivere di vita propria. Detto questo, nonostante un’azione comune, qualche categoria è stata dimenticata dal governo: penso, ad esempio, ai parchi di divertimento, che hanno un codice Ateco differente da quelli del turismo, e sono stati ignorati, nonostante muovano ogni anno centinaia di migliaia di visitatori e generano business a un indotto fatto di alberghi e ristoranti. Altro settore ignorato è stato quello della meeting industry o quello dei bus turistici, eppure questo tipo di trasporto, specialmente per le città d’arte, è fondamentale. E ancora, l’intera filiera del turismo montano».

Quali sono i settori che subiranno una ripartenza più lenta?
«Innanzitutto i tour operator e le agenzie di viaggi che vivono di programmazione e si trovano a gestire quel che rimane della stagione in una situazione emergenziale, con lo svantaggio del contatto perso con i clienti; poi il Mice che ha sempre tempi di pianificazione lunghi, tutti da rimodulare».

Qual è la posizione complessiva di Federturismo riguardo ai decreti emanati dal governo fino ad oggi?
«Stiamo lavorando a degli emendamenti per correggere dei provvedimenti che altrimenti risulterebbero iniqui, ad esempio la misura del tax credit turismo (Bonus Vacanze, ndr). L’Isee a 40mila euro non funziona perché comprende famiglie che, con un reddito di 8mila euro, difficilmente potranno pensare di fare vacanze ed esclude altre fasce di reddito leggermente superiori (almeno fino a 50mila euro) che potrebbero beneficiare maggiormente di questa misura. Inoltre, questa forma di Bonus per le imprese non è certo un aiuto, ma un aggravio, in quanto non c’è liquidità e si tratta di anticipare soldi, con un aggravio di spese che si aggiungono a quelle relative ai pagamenti dei fornitori. A mio avviso saranno ben poche le aziende in grado di accettare questa misura, così come è stata congegnata».

E sul fronte fiscale?
«Avavamo già chiesto un forte aiuto sulla fiscalità, perché significava non andare a togliere liquidità alle imprese. Purtroppo abbiamo avuto solo l’abolizione della prima rata Imu, che è un piccolo aiuto, ma non certo sufficiente. La Tari sarebbe da cancellare, oltre a fare altri ragionamenti sulla scadenze di fine anno. Verificheremo nei prossimi giorni quali margini di confronto ci sono».

Che segnali arrivano dall’Europa?
«Abbiamo interagito con i nostri omologhi europei per fare azioni congiunte e abbiamo condiviso la consapevolezza che far arrestare il processo produttivo del settore turistico sarebbe un dramma di grandi dimensioni, anche perché l’Europa è la prima destinazione al mondo e conta 27 milioni di occupati. Una consapevolezza accompagnata da dichiarazioni interessanti come quella del commissario Thierry Breton che vuol destinare un quinto delle risorse del Recovery Fund al turismo. Certo l’Europa è un po’ più lenta, ecco perché i governi nazionali devono agire con maggior rapidità, perché se dovessimo attendere le misure Ue a sostegno del turismo, sarebbe tardi per salvare migliaia di imprese».

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Andrea Lovelock
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