Detto, fatto. Dopo la decisione giunta a inizio aprile, chiude al turismo per sei mesi l’isola di Boracay, tra le principali meta turistiche delle Filippine. Un periodo di “quarantena”, che corrisponde a quella che normalmente sarebbe stata la bassa stagione, e che consentirà all’isola di migliori infrastrutture, da un sistema fognario efficiente all’ampliamento della strada principale.
Boracay attira fino a 2 milioni di turisti l’anno, di cui gran parte proveniente da Cina e Corea, fruttando circa 1 miliardo di dollari l’anno all’economia filippina.
Già lo scorso febbraio il presidente Rodrigo Duterte l’aveva definita «una fogna». E stando a quanto riferisce l’Ansa, nell’isola si accumulano ogni giorno 70 tonnellate di immondizie, e il livello di contaminazione fecale delle acque – una volta cristalline – è risultato 45 volte superiore alla norma.
La maggior parte delle strutture turistiche di Boracay hanno già serrato i battenti nelle ultime settimane, da quando era stata ufficializzata la decisione. Centinaia di poliziotti sono stati schierati dal governo per proibire l’accesso alla destinazione.
La decisione di chiudere Boracay ricorda quella presa dalla Thailandia per Maya Bay, l’isola del film The Beach con Leonardo Di Caprio, inibita ai turisti per l’allarme sovraffollamento.