A poco meno di tre anni dal primo fallimento e quasi 12 mesi dopo la ripartenza dei voli, Flybe si è di nuovo fermata annunciando lo scorso 27 gennaio lo stop a tutte le operazioni di volo. La compagnia aerea a basso costo regionale con sede a Exeter, in Inghilterra – oltre a sottolineare la messa in liquidazione (preceduta dall’amministrazione controllata) e il licenziamento istantaneo di 277 dei suoi 321 dipendenti – ha specificato che i voli futuri non saranno più riprogrammati e che non è in grado di riproteggere i passeggeri o aiutarli a trovare voli alternativi.
Secondo la Bbc erano circa 2.500 i passeggeri che avrebbero dovuto volare con Flybe lo scorso sabato, giorno dello stop definitivo, mentre sarebbero in totale quasi 75.000 i passeggeri coinvolti dalle cancellazioni dei voli futuri.
Flybe era stata una delle prime compagnie aeree a chiudere i battenti a marzo 2020 a causa dell’impatto della pandemia da Covid-19 sul trasporto aereo globale, sebbene la società avesse già accumulato numerose difficoltà economiche nei mesi precedenti.
Proprio nel 2020 Flybe fu poi venduta a Thyme Opco – società collegata al fondo statunitense Cyrus Capital – e rinominata Flybe Limited. Il rilancio del vettore (che un tempo era la più grande compagnia aerea regional del Regno Unito) era previsto per la primavera del 2021, ma la nuova Flybe è ufficialmente decollata solo ad aprile dello scorso anno con un piano per operare fino a 530 voli a settimana su 23 rotte.
Fino a poche ore prima del crollo il network di Flybe prevedeva voli da Belfast City, Birmingham e Londra Heathrow verso aeroporti in tutto il Regno Unito, oltre che su Amsterdam e Ginevra.