L’aumento salariale non può e non deve essere tutto per un Contratto collettivo nazionale di lavoro. A maggior ragione se questo riguarda un settore, come quello del turismo organizzato, che possiamo definire peculiare e che richiede specifiche esigenze come la reperibilità. È il preambolo, questo, all’insoddisfazione di Franco Gattinoni, presidente di Fto Confcommercio, a margine del rinnovo del Ccnl dedicato alle agenzie di viaggi e con scadenza triennale.
La federazione, nonostante non abbia il potere di firma, ha infatti partecipato ai tavoli con i sindacati presentando una lista di richieste fatta di 13 punti, senza però ottenere nessuna apertura al confronto da parte della controparte sindacale. Ne abbiamo parlato in quest’intervista esclusiva proprio con Franco Gattinoni, che per il comparto desidera un futuro più flessibile e una rinnovata comunicazione sui clienti finali che possa essere più incisiva e mantenere in vita il patrimonio dei negozi fisici, nonostante il necessario sviluppo digitale.
Cosa è successo?
«Ci aspettavamo molto di più da un incontro così importante. Ci sarebbero stati i tempi necessari per lavorare a un contratto più moderno e innovativo, con maggiore attenzione su tutte le novità e metodologie lavorative attuali. Il mondo del lavoro è cambiato, ci siamo definitivamente resi conto che oggi le aziende sono più attente dei sindacati ai lavoratori e questo è veramente un dispiacere. Il nostro settore, che si sta leccando ancora le ferite del Covid ed è costretto a fronteggiare le minacce dei giganti online, ha certamente conosciuto l’ennesima beffa, riducendosi a un incontro limitato a copiare rinnovi contrattuali già firmati e subendo una totale chiusura a un confronto costruttivo».
E infatti, nella nota stampa post firma della vostra associazione, lei ha parlato di “una triste pagina della storia del settore” …
«C’è bisogno di difendere i diritti delle nostre imprese e il benessere dei lavoratori. Come Fto avevamo individuato 13 punti da discutere in fase di rinnovo del contratto: ne sono stati considerati e attuati zero».
A parte l’aumento salariale, immagino. Anche quello vi ha deluso?
«No, anche se avevamo chiesto qualcosa in più (l’aumento, parametrato sul quarto livello, è di 200 euro a regime, ndr) perché le nostre imprese, che a differenza di altri settori non possono giocare sui prezzi, continueranno a subire costi sproporzionati. Però, l’aumento in busta paga lo avevamo volutamente messo in coda per mettere in luce quanto sia prioritario allinearsi al nuovo contesto in cui operiamo e alle mutate esigenze dei dipendenti».
Quindi, cosa avete messo in cima alla lista?
«I nostri collaboratori vogliono lavorare in maniera diversa. Le aziende hanno perfettamente conoscenza di quanto sia importante avere un collaboratore felice e soddisfatto in azienda. Per questo abbiamo messo al centro la questione della disponibilità e reperibilità, puntando sull’esigenza di flessibilità. Le agenzie di viaggi lavorano sette giorni su sette e le persone si pagano, il problema è che non c’è un metodo perché andrebbe normato tutto. Nel Ccnl rinnovato ci sono zero dettagli sulla reperibilità, così come manca un approccio flessibile al part time. Le persone, nel turismo, ci chiedono il tempo a lavoro ridotto in inverno magari, perché ad esempio sono mamme e preferiscono il full time nel periodo estivo. È impossibile non considerare queste esigenze. Non vogliamo flessibilità per pagare meno i lavoratori, ma per permettere loro organizzazione e produttività».
È stata dunque un’occasione persa?
«Il contratto è stato rinnovato, in pratica, come è stato fatto trent’anni fa. È qui la nostra insoddisfazione: secondo me la miopia è non avere il coraggio di confrontarsi con un mondo che cambia. Il settore del turismo organizzato è composto da lavoratori che hanno esigenze diverse, particolari. Non dobbiamo adeguarci ma essere più propositivi. Essere equiparati a tutti gli altri settori è dannoso e le organizzazioni dei lavoratori non lo comprendono, minando dunque le opportunità di creazione e preservazione dei posti di lavoro».
Il settore, tra l’altro, fa i conti con la carenza di personale…
«Quello che non si comprende è che noi stiamo cercando di soddisfare i lavoratori perché abbiamo problemi di carenza di personale, e non possiamo rischiare di avere un dipendente insoddisfatto. Le persone da noi lavorano con la gente, devono stare bene ed essere motivate. Questa mancanza di visione della controparte sindacale penalizza in modo particolare le piccole imprese che oggi non assumono nuove risorse e il settore che non potrà contare su adeguati istituti contrattuali per creare nuove opportunità di impiego».
Sempre nel comunicato stampa a margine della firma contrattuale, avete parlato di continua ricerca autonoma di nuove e adeguate soluzioni. Cosa significa?
«Fto è un’associazione completamente moderna, strutturata e che parla di opportunità. Questo vogliamo, ecco perché mi spendo ancora come se avessi vent’anni. Lo faccio per migliorare un settore che amo. È qui la mia tristezza. Continueremo per cui, in modo autonomo, a trovare soluzioni che permettano di soddisfare e conciliare le nuove esigenze dei nostri collaboratori aumentando l’attrattività per i giovani in possesso delle nuove competenze indispensabili per consentire alle aziende di crescere in uno scenario competitivo, complesso e sempre in evoluzione».
Qual è stato il sentiment dei vostri associati?
«Il nostro, di insoddisfazione. Anche se un mea culpa dovrebbe arrivare anche dalle confederazioni, anche lì c’è bisogno di un cambio di passo. Sono realtà che devono essere più attuali».
Ma oggi il settore come sta?
«Il turismo organizzato si sta ancora leccando le ferite. Nel nostro settore, come già detto, non possiamo ripiegare sui prezzi e per questo dobbiamo capire come essere più elastici e flessibili. Lo stato di salute è quello di un comparto che vuole continuare a dare valori e garanzie grandi al turista. Un settore che si sta innovando ma non a sufficienza: avremmo bisogno di sostegni, anche tecnologici, maggiori. Il settore, pur soffrendo molto, è rimasto in piedi quasi nella sua totalità perché è composto da imprenditori che amano questo lavoro ed è una fortuna. Va supportato seguendo la giusta direzione».
Avete più volte parlato di un grosso problema di comunicazione…
«Sì, perché manca un vero piano di comunicazione sul cliente finale. Che però richiede investimenti di marketing che non abbiamo e per cui dovremmo ricevere il giusto supporto. Ne abbiamo ovviamente parlato con il Mitur, ma ancora non è stato predisposto nulla anche se questo non vuol dire che il ministero non abbia attenzione sul comparto. Dovremmo imparare a fare anche poche cose, ma a metterle in pratica con concretezza. Noi continueremo a evolverci nel digitale, ma i negozi fisici sono fondamentali anche nel futuro, dobbiamo impegnarci a tenerli aperti. Non possiamo immaginarci un domani senza negozi, una risorsa per le nuove generazioni».