Gli hotel del futuro tra Whatsapp, local e minibar a km 0
Il futuro prossimo dell’ospitalità passa per la tecnologia, ma anche per le esperienze locali e il food. Lo sanno bene alla scuola di alta formazione svizzera Les Roches Global Hospitality Education che ha sviscerato i trend più importanti del settore nel report Il futuro dell’imprenditorialità del settore dell’ospitalità, realizzato in collaborazione con Skift.
Ad affascinare e trainare, quindi, i cambiamenti più interessanti è come sempre il digitale, in particolare attraverso l’uso del mobile, cui è legato il primo trend quello di concierge digitali e servizi hotel.
Secondo le stime 2016 nel mondo esistono più di 4,3 miliardi di cellulari che stanno diventando di fatto il telecomando di viaggio. Con lo smartphone si fa tutto: prenotare un albergo, visualizzare gli eventi di una città e entrare in camera. Il pioniere è stato Starwood nel 2014 con il suo Spg keyless program, un’app che permetteva di aprire la porta della camera in albergo senza chiavi. Nel 2016, la catena ha annunciato di utilizzare ormai il servizio a regime in 160 strutture in 30 Paesi del mondo.
Al W hotel di Parigi lo staff usa Whatsapp per rispondere alle domande dei clienti, mentre al Virgin Hotel di Chicago gli ospiti possono controllare tutti i servizi offerti con il cellulare: ordinare un pasto, certo, ma anche decidere la temperatura della stanza. Stando ai dati del 2015, gli utenti che utilizzano le app di instant messaging sono oltre 3 miliardi e hanno superato quelli che utilizzano i social media, ecco il perché di tanto interesse su chatbot e chat. Alcune catene, come Marriott e Virgin hanno addirittura deciso di testare delle proprie app di instant messaging, altre, come W di Starwood, invece utilizzano Whatsapp e Blackberry Messanger.
Tutto questo è reso possibile dall’Internet delle cose (IoT), ovvero apparecchi controllabili virtualmente e a distanza da dispositivi connessi alla Rete. Aloft, il brand di Starwood, sta testando un assistente di stanza che può essere attivato e disattivato con comando vocale e che sfrutta la stessa interfaccia di Siri creata da Apple. Della stessa proprietà, invece, M Beta nella struttura di Charlotte, North Carolina, ha deciso di installare grossi bottoni fisici all’interno degli ambienti dell’hotel per avere un feedback sincero e diretto della clientela. Questo semplice espediente consente di capire cosa piace e cosa meno, ma soprattutto su larga scala dà la nascita a un database di informazioni sui gusti dei clienti che permette ai manager hotel di inventare nuovi strumenti e offerte per soddisfare la clientela.
Per chi poi da indipendente punta a fare dell’ospitalità il suo business c’è da monitorare, se non seguire, il modello Airbnb (60 milioni totali di ospiti e 2 milioni di proprietà da affittare in 34mila città del mondo). Non è facile per chi non è un gestore professionista districarsi tra tariffe dinamiche, picchi di flussi e eventi che portano al tutto esaurito. Per questo una delle rivoluzioni della piattaforma è stata integrare uno strumento di revenue management come Beyond Pricing, Wheelhouse, Everbooked e Smart Host, in passato di competenza solo degli albergatori.
E se il servizio acquista in professionalità è più facile essere contattati da una clientela di professionisti. Morgan Stanley stima che entro quest’anno quasi un quarto dei business traveler sceglierà un Airbnb per le trasferte. Una tendenza che a sua volta genera un’altra miglioria per chi affitta sulla piattaforma, quella di dotarsi dei servizi di star up come GuestReady, Pillow e Hostmaker che possono aiutare la proprietà a trovare i servizi di cui l’ospite business può avere bisogno come front desk h24, centri congressi e luoghi per meeting.
Non solo. Airbnb aspetta di sfruttare appieno le potenzialità di Trip, la nuova piattaforma lanciata alla fine dello scorso anno, per trovare esperienze di viaggio autentiche e i locali a fare da guida. Il lancio è stato obbligato visto che già competitor come Homeaway rendevano possibile interagire e incontrare gli abitanti del luogo. Questo non invoglierà di certo i business traveller puri, che non lo hanno mai fatto prima, ma potrebbe invece essere un plus per chi è già un utilizzatore e magari vuole trasformare la trasferta in un momento bleisure.
Inoltre il fenomeno Airbnb ha creato una profilazione delle piattaforme concorrenti, aumentando di fatto la domanda dell’affitto a breve termine. Basta guardare a Onefinestay, il servizio di affitti di lusso acquistato da Accor Hotels per 168 milioni di dollari nell’aprile scorso. Che però non è l’unica piattaforma a offrire alternative. Esistono anche Gateway che offre piccole case costruite in suggestivi set naturali e Resi, al momento il preferito dai businessman. Si stima che l’affitto a breve termine valga 550 miliardi di dollari comprendendo anche l’indotto delle start up che offrono servizi a corollario come assicurazioni e concierge.
Il local che fa la differenza
Grazie a realtà come le piattaforme di sharing economy per l’ospitalità, il motto “vivi come i locali” è diventato un vero e proprio mantra che assume sempre più peso tra i viaggiatori, ma può essere molto difficile da gestire per gli alberghi tradizionali che non possono permettersi di far scendere il livello del loro standard.
Un esempio estremo è quello rappresentato dal Fogo Island Inn di Newfoundland che, a dispetto dell’architettura moderna, si sente quasi più un centro culturale per l’isola sulla costa atlantica del Canada, che non un albergo. Gli ospiti vengono incoraggiati a passare del tempo con gli isolani imparando le tecniche di pesca locali o aiutandoli a costruire le barche, ma anche a partecipare alle riunioni tra gli imprenditori dal posto.
L’Embassy Row Hotel di Washington Dc invece ha deciso di integrare l’offerta del food con le influenze locali. L’albergo ha stabilito una partnership con una startup locale – la Union Kitchen Food Incubator – un hub che lavora con oltre 200 aziende del food, come Compass Coffee. Non solo l’albergo vende prodotti Compass nel suo bar, ma lavora con lo staff per pensare a nuove idee da servire.
In Europa invece Generator Hotels ha stretto ultimamente un accordo con il Boiler Room, gruppo che opera nel nightlife, per produrre una serie di feste esclusive negli hotel della catena, mentre il Marriott di Londra ha lanciato un food incubator, Canvas, dove imprenditori locali di food&beverage sono stati chiamati a portare le proprie idee. Un’azione di successo che si è concretizzata con un utile di 500mila sterline.
I locali vengono utilizzati anche per i consigli che una volta spettavano al concierge: dove andare, cosa fare, in che posto valga la pena mangiare, sono tutte domande a cui i privati cittadini possono rispondere utilizzando strumenti come Yelp, TripAdvisor, Forsquare e Instagram. Sempre l’Embassy Row Hotel, ad esempio, incoraggia i locali a postare suggerimenti fotografici su Instagram attraverso un contest. All’hotel, poi, non resta che stampare delle vere e proprie cartoline con i post e distribuirle ai clienti. Operazione simile anche a Londra, dove l’Andaz Hyatt ha deciso di unire le forze con Jantful, il local discovery service che permette di creare, personalizzare e stampare le mappe dei luoghi del cuore o di interesse.
Rivoluzione food negli alberghi
Dalle tavole alla tv e ora negli alberghi, il cibo è sempre più superstar e per gli albergatori diventa quindi fondamentale ripensare alla connessione tra ospitalità e gastronomia. Molti sono i resort che hanno ripensato al loro modo di gestire il business adibendo lotti di giardino a vigneti, dotandosi di piccole fattorie o costruendo birrifici. Altri hanno deciso di ripensare completamente l’offerta del minibar.
Hacienda Zorita in Spagna, ad esempio, è nata come vigna e si è evoluta in resort focalizzato sulla gastronomia. Negli anni, infatti, l’azienda ha sviluppato ulteriormente la sua attività aggiungendo alla produzione del vino, quella dell’olio e del formaggio, oltre all’allevamento dei maiali. Appena fuori San Diego invece il produttore di birra Stone Brewing sta progettando il primo hotel-birrificio del mondo.
Drastica cura local anche per i minibar, i cui ricavi sono vertiginosamente calati quasi del 30% dal 2007 al 2012. Basta con i tobleroni da 15 dollari: ora Bartech aiuta gli alberghi a riempire i frigo di prodotti diversi, spesso a km 0.