by Andrea Lovelock | 1 Aprile 2020 7:00
Ripartire dopo la crisi, per l’hôtellerie italiana, non è solo questione di tempi, ma anche di come affrontare il nuovo mondo dei viaggi. In base alle date indicative del termine del lockdown nel nostro Paese – ovvero 15 aprile, 30 aprile o 15 maggio – l’industria alberghiera è destinata a perdere tra 126 e 153 milioni di presenze complessive rispetto ai volumi medi attesi nel 2020. Sono le proiezioni elaborate dalla società di consulenza Thrends.
Ma al di là del termine del lockdown, secondo gli analisti di Thrends, la riduzione dei volumi di camere vendute in Italia sarà causato almeno da sette fattori molto incidenti: l’aumento del rischio del long haul, la riduzione del monte ferie, la minore capacità di spesa, la riduzione del booking window, l’indebolimento del sistema di intermediazione, le informazioni su possibili recrudescenze dell’epidemia e la contrazione dell’offerta.
I tempi di ripresa differiranno molto poiché il mercato domestico avrà una reattività più accelerata rispetto a quelli esteri dove, dovendo riscontrare limitazioni negli spostamenti i viaggiatori avranno una maggiore percezione del rischio associato a viaggi all’estero. Inoltre, per tutti e tre gli scenari ipotizzati da Thrends, ci sono due dinamiche che incideranno fortemente: l’impoverimento generalizzato del business travel e lo scarso dinamismo del segmento leisure.
A conti fatti, se il lockdown dovesse terminare il 15 aprile il decremento per i restanti otto mesi dell’anno (maggio-dicembre) sarebbe di 49,5 milioni di presenze. Se invece dovesse essere il 30 aprile, la diminuzione sarebbe di 56,2 milioni, ma se ci si dovesse spingere fino al 15 maggio, il calo in milioni di presenze sarebbe di 65 milioni di pernottamenti. Cali spalmati praticamente su tutti gli asset della nostra offerta turistica, dalle città d’arte al mare, dal countryside alle location business e Mice, dalle terme alla montagna, ai laghi.
Considerato il mix di mercati per l’Italia, usando una presenza media a camera di 2 persone – sempre secondo gli analisti di Thrends – si tratterebbe di un calo di circa 63 milioni di camere. Per rendere l’idea: sarebbe il volume di notti realizzato da circa 2.670 hotel di buone dimensioni (annuali, da 100 camere, con una occupazione media del 65%), oppure quello di 8.000 hotel di dimensione media (italiana).
Ovviamente, come segnalato da tutti i media, non è una crisi esclusivamente settoriale, ma i suoi impatti si faranno sentire su indotto, sistema bancario, occupazione ma anche presso i Comuni: se anche si considerassero, come tassa di soggiorno, solo 3 euro a presenza, il più conservativo degli scenari comporterebbe incassi mancati presso i Comuni per almeno 375 milioni di euro, escludendo quelli legati alla tassazione di altro tipo.
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