Green pass senza paletti: le richieste di Fiavet e Ibar
Polverone green pass: con l’entrata in vigore dei nuovi obblighi, non si placano le polemiche sulla sua validità e sui vari distinguo. Mentre il governo ha sciolto alcuni nodi, sancendo ad esempio la durata illimitata del booster, sono molte le voci che si levano dal settore, non da ultime quelle che chiedono l’abolizione del certificato verde.
Da Fiavet, attraverso la sua presidente Ivana Jelinic, arriva in particolare l’ulteriore richiesta di includere nel green pass i vaccini russo e cinese, per riconquistare i flussi dai mercati dell’est e da quello asiatico soprattutto nelle penalizzate città d’arte.
«La mancata accettazione di tali vaccini sta creando danni enormi – rimarca la presidentessa – Soffrono le infrastrutture e i servizi. Basti pensare che in città come Roma la Cina era diventato il terzo mercato per arrivi nel 2019. Si tratta di flussi turistici che pesano moltissimo nella bilancia dei pagamenti per i numerosi servizi associati ai viaggi (personal shopper, biglietti per eventi, musei, visite personalizzate)».
E ancora: «Il rischio di svendita del nostro patrimonio turistico a multinazionali straniere è dietro l’angolo – prosegue Jelinic – I divieti non possono non imporci una riflessione sulle conseguenze di queste scelte». Sul tema, osserva la numero uno di Fiavet, si è pronunciato persino l’Onu, oltre all’Organizzazione Mondiale della Sanità: «È ormai chiaro che le restrizioni sui viaggi non sono efficaci nel sopprimere la diffusione del virus. Se non apriamo a tutti gli stranieri, e in particolare al mercato russo e asiatico, altri Paesi concorrenti lo faranno e perderemo l’occasione di una ripresa sostenibile e integrata con quella del resto del mondo».
Sul tema del green pass è intervenuta anche l’Ibar, l’associazione che rappresenta una cinquantina di compagnie aeree che operano in Italia, che ha sollecitato un intervento urgente del governo con un provvedimento che permetta agli equipaggi di accedere agli alberghi per i turni di riposo normalmente programmati a fine servizio.
I membri delle crew, si legge nel comunicato, “sono tutti regolarmente vaccinati in altri Paesi e in possesso di green pass europeo, certificazioni equipollenti e – laddove necessario – di test anti Covid recenti e con esito negativo. Dal 1° febbraio, con l’entrata in vigore dell’obbligo di green pass rafforzato per accedere agli alberghi, tutto ciò non è più sufficiente e le compagnie aeree, piuttosto che affrontare il rischio di vedere il proprio personale respinto per il mancato riconoscimento delle rispettive certificazioni, stanno seriamente valutando la possibilità di ridurre i collegamenti con l’Italia”.
Un problema solo all’apparenza collaterale che potrebbe causare gravi conseguenze sulle connessioni e i già risicati flussi turistici da e per il nostro Paese.