by Redazione | 8 Marzo 2022 14:00
Tra i danni collaterali della guerra in Ucraina c’è il turismo, finora rallentato, ma – stando anche ai giornali specializzati Usa[1] – non del tutto compromesso. Il rischio, però, di perdere insieme ai russi anche i turisti americani c’è. A lanciare ora questo allarme, attraverso le colonne de Il Messaggero, è il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca.
«Gli statunitensi – afferma – hanno voglia d’Italia. In moltissimi hanno prenotato quest’estate nei nostri alberghi, ma è chiaro che se il conflitto dovesse aggravarsi allora incominceranno ad arrivare le cancellazioni. Assieme a russi e cinesi, è il caso di ricordarlo, i viaggiatori Usa sono quelli che spendono di più. A rimetterci, in tal caso, non saranno solo i grandi hotel a cinque stelle».
Eppure, rassicura Bocca, «finora non sono arrivate disdette da oltre Atlantico. Ma gli americani sono molto attenti alla sicurezza, lo abbiamo visto durante l’ondata di attacchi terroristici dell’Isis in Europa. Risultato, se la guerra dovesse inasprirsi ulteriormente allora, non solo l’Italia, ma tutti i Paesi Ue verranno visti negli Usa come Paesi a rischio e, quindi, da evitare. Ripeto, però, al momento non abbiamo segnali di questo tipo. Si tratta del peggior scenario ipotizzabile per la nostra industria».
Quelli che il travel italiano, invece, si prepara a dimenticare per chissà quanto tempo sono i turisti russi[2]. «Sono ospiti con alta capacità di spesa – ricorda il numero uno di Federalberghi – Non se ne stanno chiusi in hotel, escono e comprano. Non vanno misurati solo sulla base delle presenze, ma in termini di fatturato. Il turista russo ha un debole per le griffe, ordina buon cibo, non risparmia sui vini, insomma spende tanto sia in albergo che fuori, nelle boutique, per il trasporto, in aeroporto».
Bocca ricorda anche come il settore non sia «ancora uscito dal tunnel della pandemia. Gli alberghi italiani – afferma non vorrebbero essere costretti a chiedere ulteriori aiuti, ma la verità è che molti di essi non hanno potuto riaprire da marzo 2020 e certo non basta il periodo estivo per consentire alle aziende dell’ospitalità di sopravvivere».
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