by Andrea Lovelock | 9 Dicembre 2022 11:40
Si rasserena l’hôtellerie italiana con il ritorno degli investimenti di capitale e il riaffiorare di un cauto ottimismo tra gli albergatori. È il sentiment raccolto dall’European Accomodation Barometer che Booking ha commissionato a Statista, società specializzata in ricerche di mercato che ha monitorato la situazione dell’industria alberghiera in 23 mercati europei. L’indagine ha toccato varie tematiche situazione economica, contesto operativo, sviluppo del business, investimenti, digitalizzazione e sostenibilità.
Ebbene, dopo la profonda crisi legata alla pandemia del 2020 e 2021, il settore sta finalmente vedendo consistenti segni di ripresa. Nonostante le continue sfide legate al caro energia, all’incertezza macroeconomica e alla pressione della digitalizzazione, gli albergatori europei si dicono cautamente ottimisti.
Riguardo in particolare all’Italia, Ben Schroeter, direttore pubbliche relazioni di Booking.com, spiega: «Gli ottimi risultati ottenuti nelle stagioni estive degli ultimi due anni hanno portato gli albergatori italiani a dirsi cauti, ma ottimisti, sui tempi a venire».
GIGANTI CON LE SPALLE LARGHE. Gli albergatori europei, in generale, «individuano la sfida più grande del momento nei costi dell’energia (80%), seguita dalla situazione economica (48%), dai costi dello staff (42%) e dalla difficoltà nella gestione delle assunzioni (43%). Una voce, quest’ultima, che è la terza per importanza sul mercato italiano. E gli alberghi parte dei maggiori brand performano meglio dei colleghi indipendenti, sia per quanto riguarda l’occupazione, che rispetto al pricing delle camere. Tutti gli hotel hanno ottenuto buoni risultati negli ultimi 6 mesi, tuttavia è il 77% la percentuale degli hotel di catena che ha dichiarato risultati positivi, contro il 68% di quelli indipendenti».
Allo stesso modo, le strutture grandi, con più di 250 letti, sono più propense delle piccole imprese a valutare il proprio sviluppo positivamente (78%), la tariffa della camera adeguata (60%) e il tasso di occupazione soddisfacente (64%).
CAUTELA NEGLI INVESTIMENTI. L’indagine di Statista ha poi analizzato l’aspetto finanziario e in particolare quello degli investimenti fortemente influenzati dal tracollo del settore registrato nel 2020. La previsione economica, su tutto il territorio europeo, è cauta con un modesto 38% degli intervistati che prevede buoni sviluppi nei prossimi 6 mesi. Nonostante i risultati positivi dichiarati dagli albergatori italiani, questi restano tiepidi quando si parla di investimenti a breve termine. Solo il 18% infatti si ritiene pronto a un passo del genere.
LA DIGITALIZZAZIONE È LA PRIORITÀ. C’è poi il tema della digitalizzazione che impone una trasformazione di mentalità e di strategie: è una delle priorità che pressa maggiormente gli albergatori europei. La maggioranza di essi, tuttavia, (59%) ha dichiarato che la preparazione sul tema è buona o molto buona e solo il 12% si è detto insoddisfatto degli sforzi compiuti in tale ambito. Anche in questo caso sono le catene rispetto agli hotel indipendenti a dichiararsi più pronti alla digitalizzazione. Il 67% degli intervistati reputa la propria preparazione sul tema buona o molto buona, la percentuale scende al 57% quando a rispondere sono gli albergatori indipendenti.
IL GAP DELLA SOSTENIBILITÀ. Infine sul tema dell’ambiente e della sostenibilità, gli albergatori europei non sembrano così pronti: solo due su cinque si considerano preparati sul tema. Il 45% degli hotel con una forza lavoro di almeno 250 persone considera la propria competenza in materia buona o molto buona, la percentuale scende al 35% intervistando albergatori con meno di nove dipendenti. Analizzando le risposte su base geografica, appare chiaro come gli hotel di città siano più allineati all’adeguamento rispetto a quelli localizzati in zone rurali.
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