Hôtellerie sotto pressione: «Il 33% delle strutture sparirà»
È in recupero la domanda turistica in Italia, anche se tra luci e ombre, compresa l’inadeguatezza di molte strutture ai parametri contemporanei, che potrebbe anche portare a una forte ondata di chiusure.
Gli indicatori economici di performance alberghiera mostrano un’occupazione ancora al di sotto dei dati 2019, -12%, ma con alcuni segmenti – luxury e upper midscale – in cui si è recuperato oltre il 91%. E la redditività ha già superato i livelli pre pandemia. È uno dei dati emersi da “Il turismo che verrà: una lettura attraverso l’ospitalità in Italia“, l’appuntamento organizzato da Università Bocconi in collaborazione con Confindustria Alberghi, che torna dopo due anni di interruzione forzata.
A ribadire questa ripresa nel corso dell’evento dedicato al confronto tra mondo dell’hôtellerie e della finanza è Maria Carmela Colaiacovo, presidente Confindustria Alberghi, che non nasconde le criticità di questa fase: «Le imprese ancora non sono riuscite a superare le ferite del Covid, e poi dobbiamo tenere in considerazione gli aumenti energetici e delle materie prime, così come l’inflazione. E sarebbe necessario un ripensamento sui fondi Pnrr, il nostro settore ha avuto un ruolo marginale in confronto a ciò che è accaduto in altri Paesi».
Aumentano i costi, ma non è detto che il servizio vada di pari passo. E così, ecco l’allarme che emerge dall’analisi dei dati: la reputazione dell’Italia dell’ospitalità è in calo, anche nelle sue punte di diamante. Lo dicono i dati diffusi da Marco Malacrida, Str & TrustYou. Venezia, Roma, Firenze e Milano per esempio vedono cali nelle recensioni tra l’1,9 e il 3,04% nel 2022 rispetto al 2019. Un campanello d’allarme che non deve essere sottostimato. Se la valutazione su location e servizi resta molto positiva, al contrario ci sono giudizi negativi su manutenzioni e connettività. «Prezzi più elevati stimolano evidentemente criticità e complaint», commenta Malacrida.
Un segno che conferma come dopo due anni di crisi sia necessario accompagnare le aziende che ancora non hanno recuperato le perdite, affinché non ci siano rallentamenti negli investimenti per rispondere a clienti sempre più esigenti.
SPINTA SUL MARKETING. Quali sono i motivi e gli strumenti con cui intervenire? Personale e investimenti, dicono gli esperti in tavola rotonda, e un primo spinoso tema viene sollevato da Elisabetta Fabri, presidente di Starhotels: «Il tema sono i giovani. Abbiamo cali nelle recensioni e nella qualità soprattutto in ambiti come food and beverage e housekeeping, due settori con altissimo turnover. Manca il training. Abbiamo bisogno che le università parlino ai giovani e che anche il governo lo faccia. Va fatto il giusto marketing del turismo, raccontare che si tratta di un settore bellissimo in cui lavorare, in cui si può fare carriera. Il governo dovrebbe dare incentivi a chi assume i giovani sotto i 25 anni. Non solo. Serve anche creare una scuola alberghiera degna di questo nome».
E arriva la risposta di Giorgio Palmucci, già presidente Enit e poi consigliere dell’ex ministro del Turismo Massimo Garavaglia, che conferma l’attenzione da parte del Mitur: «Proprio la settimana scorsa abbiamo avuto un incontro con le associazioni sulle criticità del personale e sulla necessità di supportare istruzione e formazione. E ricordo il lancio della Scuola italiana di ospitalità che mostrerà come anche in Italia si possa formare il management».
LA FINANZA. Ma le recensioni si migliorano anche e soprattutto con gli investimenti e i rinnovamenti, tema difficile per le tante imprese familiari dell’ospitalità italiana. Cosa fa la finanza? «Abbiamo investito quasi un miliardo di euro nel settore, su 36 strutture per un totale di 5mila camere – segnala Giampiero Schiavo, Castello Sgr – Il trend è costante anche se non fortemente in crescita perché mantenere il ritmo di 2 miliardi di transazioni alberghiere in Italia ogni anno, come è stato l’anno scorso, è difficile», spiega il manager, che prevede anche come nei prossimi cinque-dieci anni il 30% delle attuali 33mila strutture sparirà perché inadeguato, anche in relazione alle nuove esigenze legate alla sostenibilità e all’efficienza energetica, e gli investimenti avrebbero poco senso.
Con il fondo nazionale del turismo Cdp Real Asset Sgr Spa ha spostato il focus dal lusso, già ben presidiato da operatori nazionali ed esteri, per concentrarsi «su città secondarie e creare un prodotto alberghiero che funzioni in partner con i gestori, per portare il turismo dove ancora non c’è, in linea con il Pnrr», spiega Chiara Caruso.
Negli ultimi due anni Banca Intesa ha erogato 4 miliardi di euro seguendo diversi filoni, il rinnovamento dei servizi e riqualificazione delle strutture, ma anche la sostenibilità che diventa ormai imprescindibile, con interventi per esempio per la valorizzazione della bioedilizia, il risparmio energetico ed idrico.