by Fabrizio Condò | 4 Giugno 2024 7:00
E la chiamano estate. Rischia di diventare uno dei leit motiv più gettonati di chi sceglie un aereo per andare in vacanza, se non verranno sciolte in fretta le tante riserve legate ai voli: dall’impennata delle tariffe ai ritardi, dalla sicurezza ai disservizi negli aeroporti. Occhio, perché tirando troppo la corda finisce che si spezza e i turisti si orienteranno verso altre scelte per viaggiare.
Lo ha ben capito l’Ente nazionale per l’aviazione civile, che ha esortato i gestori degli scali a fare massima attenzione ai servizi erogati[1] durante i picchi estivi: si profila, infatti, un’altissima stagione caratterizzata da un forte incremento dei movimenti aerei e del numero di passeggeri in tutti gli aeroporti.
Nello specifico, quindi, Enac chiede di prestare cura alle attività di security e di handling, nel rispetto dei parametri di qualità ed efficienza inseriti nel regolamento degli scali, per scongiurare eventuali sanzioni. Vietato, inoltre, trascurare la tutela dei diritti dei viaggiatori, soprattutto persone diversamente abili, anziani e soggetti non autosufficienti. Perché, è vero che il sistema aeroportuale è abituato a lavorare sotto pressione, ma è meglio tenere le antenne dritte ed evitare di sborsare fior di quattrini per i risarcimenti provocati dai disagi aerei, che in estate si moltiplicano, tra voli cancellati o in ritardo, overbooking e problemi relativi ai bagagli.
Per la precisione, sono stati 163 milioni quelli stimati dal report 2023 di Italia Rimborso Data[2], che attribuisce il 50% dei voli con disservizi a Wizz Air e Ryanair[3]: il vettore irlandese si è confermato quello con più ritardi. Milano Malpensa, Catania e Lamezia Terme gli scali con il numero di disagi più alto: non a caso la tratta con maggiori problemi è stata Catania-Malpensa.
I dati fotografano ciò che è stato fino a ieri, ma cosa dobbiamo attenderci dall’estate che verrà? Il ceo Felice D’Angelo prende il toro per le corna: «I dati statistici rivelano che aumentando le rotazioni dei voli crescono i disservizi, perché un aeromobile viene usato per fare diverse rotte nell’arco della stessa giornata. È lecito, ma secondo me gli aerei dovrebbero corrispondere al numero dei collegamenti. Se infatti si verifica un problema e l’aeromobile non può decollare, scattano ritardi a catena che si ripercuotono su tutte le rotte previste quel giorno».
Non è un rischio per le compagnie? «Senza dubbio: scelgono di sfidare la sorte. Ovviamente il discorso cambia da periodo a periodo: in bassa stagione non succede. Se un aeromobile è costretto a restare fermo ad aprile, i passeggeri vengono fatti salire su un altro, ma questo non accadrà mai in estate, dove c’è penuria di aerei».
Il film lo conosciamo bene, andiamo incontro a un’altra estate che potrebbe riproporre gli stessi rischi, ma i cittadini sono consapevoli dei propri diritti? «Poco. Parlo con cognizione di causa, perché la nostra azienda è la prima per assistenza passeggeri: in base ai dati dello scorso marzo, 700.000 viaggiatori, che ne avevano diritto, non hanno mai inoltrato legittima richiesta di rimborso. Il nostro compito è stabilire se ci siano responsabilità del vettore, grazie al nostro sistema brevettato».
Inutile girarci intorno, però: anche quest’anno è il caro voli[4] la vera incognita dell’estate aerea. «Pesa tantissimo e non da oggi – ammette Felice D’Angelo – Con il costo della vita sempre più alto ci può anche stare che gli italiani decidano di fare scelte diverse per le vacanze, optando per una meta più vicina. Di certo chi, all’interno dei vettori, promuove queste politiche non mi pare che sia sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda della società, anzi acuisce una distanza profonda dal punto di vista sociale ed economico. So che quest’estate le low cost punteranno su Tirana: ecco, fossi il titolare di un vettore con 20 aeromobili, pur di metterli in funzione abbasserei il costo. Ma non mi pare sia aria».
Low cost, la lingua batte dove il dente duole. Ma poi ha ancora senso parlare di compagnie “low cost” a tutto tondo? Parola a Franco Gattinoni, presidente di Fto, la Federazione turismo organizzato che fa capo a Confcommercio: «Assolutamente no, va detto in maniera chiara. Cambiano le strategie di marketing e di comunicazione, ma di fatto molte compagnie aeree, fortunatamente non tutte, sono orientate verso servizi “low’’ e prezzi “high’’. Chiamiamole allora compagnie “low service”».
Non c’è allora il pericolo che si finisca per portare all’esasperazione i clienti? «Sicuramente si sta facendo di tutto per complicare la vita dei passeggeri: controlli di sicurezza spesso fastidiosi e inutili, anche se alcuni aeroporti stanno lavorando per migliorarli e velocizzarli. Prezzi alti, disservizi con poca o nessuna assistenza ai passeggeri: su questo punto i vettori low cost vincono alla grande».
Nel cahiers de doléances di Gattinoni c’è ancora spazio: «L’aspetto peggiore è l’instabilità di alcune rotte, con voli inseriti e tolti seguendo logiche di redditività dei vettori, senza attenzione verso la necessità effettiva delle destinazioni e dei passeggeri prenotati. Forse sarebbe meglio capire che volare costa, ma deve costare il giusto. Dico basta alle tariffe da 30 o da 700 euro sulla medesima tratta, dove chi viaggia a 30 euro non ha nessuna necessità effettiva di viaggiare e chi invece ce l’ha è costretto a pagare cifre spropositate. Bisogna capire che un volo da Milano a Parigi o dalla stessa Milano a Catania non può costare come un cappuccino al bar, ma neppure come un volo intercontinentale».
Nonostante tutto, chiude Gattinoni, «rimango ottimista: alcuni vettori si muoveranno verso costi corretti e servizi adeguati, consapevoli di trasportare persone e non valigie, invertendo la tendenza dei vettori “low service”».
Musica per le orecchie, si fa per dire, di Ryanair, che comunque vola nell’anno finanziario[5], chiuso a marzo: un revenue per 13,4 miliardi di euro, +25% rispetto al precedente, 183,7 milioni di passeggeri in confronto ai 168 milioni del periodo precedente, +9%, e un load factor incrementato al 94% rispetto al 93%. A conti fatti, parliamo di profitti per 1,9 miliardi di euro, pari a una crescita del 34%, la più alta registrata negli ultimi anni. Nei numeri monstre anche 200 nuove rotte aperte nel 2023 e la flotta che a fine 2024 raggiungerà 584 aeromobili.
Ma non c’è rosa senza spine e nel caso di Ryanair ci sono i 67 giorni di sciopero che hanno causato la cancellazione di migliaia di voli, provocando enormi disagi ai passeggeri. Michael O’Leary chiede all’Ue una riforma urgente dell’Atc (Air traffic control) per regolamentare meglio il diritto allo sciopero[6], come in Grecia, Italia e Spagna. La domanda dei viaggi in Europa resta forte, nonostante i ritardi nelle consegne di Boeing, ma la Iata avverte che in estate sarà ridotta del 19% l’offerta che veniva allestita per il picco delle vacanze.
Turbolenze all’orizzonte, quindi, e non solo dal punto di vista metaforico. Due voli piuttosto “agitati” hanno causato un morto per lo spavento e oltre 100 feriti[7]. Niente allarmismi può capitare, specie quando i passeggeri non hanno la cintura di sicurezza allacciata, anche se proprio su questo Singapore Airlines ha cambiato le regole[8]. Da cosa dipende allora? Secondo gli esperti, una risposta plausibile è il climate change, che farà raddoppiare le turbolenze da qui al 2050. E la chiamano estate.
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