Il green pass Ue e le sue eccezioni

Il green pass Ue e le sue eccezioni
01 Luglio 09:16 2021 Stampa questo articolo

Il gran giorno è arrivato. Da oggi in Europa si torna a viaggiare “liberamente” con il Digital Green Certificate. Il sistema comune (salvo deroghe) è adottato al momento da 26 Paesi Ue – il ventisettesimo, l’Irlanda, è in ritardo perché colpito da un attacco hacker – e da Islanda, Liechtenstein e Norvegia, ovvero i Paesi dello Spazio economico europeo (See), e consente di muoversi anche per turismo ai vaccinati, ai guariti dal Covid con anticorpi, a chi risulta negativo ai test.

Di fatto, quello scattato il primo luglio è un periodo transitorio: fino al 12 agosto, “se uno Stato membro non è ancora pronto a rilasciare il nuovo certificato ai propri cittadini, è ancora possibile utilizzare altri formati che dovrebbero essere accettati negli altri Stati membri”, si legge sul sito della Commissione Ue.

L’idea dell’Europa, ribadita dal commissario alla Giustizia Didier Reynders, è contenere il virus e al contempo «evitare confusione e frammentazione», tanto che l’impiego del certificato verde è stato raccomandato «anche per altre situazioni oltre ai viaggi, come per andare ai concerti, ai festival, a teatro o al ristorante», o per partecipare alle feste di matrimonio, come previsto dalla legislazione italiano, il cui pass è già da tempo in vigore.

Le autorità nazionali sono responsabili del rilascio del certificato (qui tutte le istruzioni per l’uso). La versione digitale può essere salvata su un dispositivo mobile, ma si può richiedere anche una versione cartacea: entrambe disporranno di un codice QR contenente le informazioni essenziali e di una firma digitale per garantire l’autenticità del certificato, elementi che consentiranno al gateway europeo di verificarne la validità, impedendone la falsificazione.

Si tratta, come detto, di un sistema comune che, però, prevede alcune eccezioni. Qualche esempio: in linea di principio, riguardo ai vaccinati, si accettano solo quelli che hanno ricevuto entrambe le dosi di siero riconosciuto dall’Ema. Ma qui l’Ue lascia i Paesi liberi di scegliere, pur invitandoli a uniformarsi.

Così, c’è chi come l’Ungheria ha scelto di accettare il russo Sputnik, rifiutato altrove; e chi come l’Italia concede il green pass anche ai cittadini che 14 giorni prima hanno ricevuto solo la prima dose. Tema, questo, rimesso in discussione proprio in queste ora in seguito all’exploit della variante Delta con il focolaio di Maiorca. Il certificato rilasciato dopo la prima dose, infatti, oltre a offrire una copertura sommaria, costringe i viaggiatori a verificare che il Paese di destinazione – seppur europeo – consenta o neghi loro l’ingresso.

«È verosimile che la variante Delta ci costringerà a rimodulare il green pass, rilasciandolo dopo la seconda dose di vaccino: ma è presto per dirlo, aspettiamo ancora i dati di una o due settimane», aveva dichiarato negli scorsi giorni a Radio 24 il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. «La scelta di rilasciare il certificato dopo la prima dose non è stato un errore – aveva aggiunto il sottosegretario – Da medico e non da politico, dico che probabilmente si arriverà a una rimodulazione».

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