by Redazione | 19 Dicembre 2024 11:23
A muoversi si muove, ma bisogna aumentare i giri. Si accorciano i tempi per avere l’appuntamento in questura per il rilascio e il rinnovo del passaporto, ma ancora non abbastanza nelle città più grandi.
Operazione “taglia la fila“, dunque, indispensabile, come si desume dalla inchiesta di Altroconsumo, che ha cronometrato i tempi di attesa in 20 città di medio-grandi dimensioni d’utenza, rilevando che in città come Bergamo, Milano, Trento. Torino, Genova e Napoli – bacini di traffico turistico outgoing molto consistenti – ci sono ancora rallentamenti che vanno da un mese a quasi 6 mesi.
Qualche esempio. A Bergamo i cittadini devono aspettare quasi 6 mesi per poter mettere piede in questura ed è anche un “miglioramento” se consideriamo che nella fotografia scattata ad aprile non c’erano appuntamenti disponibili. Non va molto meglio a Milano e Torino dove, comunque, si aspettano da 2 a 3 mesi. A Trento questure e commissariati sempre più intasati: si è passati dai due mesi di attesa registrati ad aprile agli oltre 3 mesi del 12 novembre scorso.
Se ci spostiamo a Sud vediamo che i tempi migliorano: a Napoli siamo a poco più di un mese di attesa contro i quasi tre mesi di aprile. Stesso discorso per Genova che con quasi due mesi di attesa è uscita dal profondo rosso di aprile quando la piattaforma non dava appuntamenti disponibili.
E meno male che, dopo due anni di caos e disagi per i cittadini[1], a partire dal marzo scorso sono stati adottati due provvedimenti importanti che hanno comunque impresso un’accelerazione al sistema di rilascio e rinnovo passaporti: l’agenda prioritaria[2] e la possibilità, da luglio, di avere il documento anche negli uffici postali di tutta Italia grazie al Progetto Polis[3]. Una possibilità che a oggi però non è ancora stata estesa a molte città.
Nel confronto con la situazione di 6 mesi fa, comunque, si è riscontrato un generale miglioramento in quanto nella maggior parte delle città (14 su 20) l’appuntamento in questura è disponibile dopo uno o due giorni o al massimo una settimana (Bari e Bolzano), grazie anche al coinvolgimento di Poste Italiane, grazie alle quali, dall’agosto scorso[4], è stato reso possibile attivare le procedure di rilascio, alleggerendo non poco il lavoro della Polizia di Stato.
A Pordenone si è passati da un’attesa di più di 8 mesi, registrata nell’aprile scorso, ai 2 giorni del 12 novembre. I bolognesi hanno trovato l’appuntamento per il giorno seguente, mentre sei mesi fa dovevano aspettare più di due mesi. Lo stesso vale per Cagliari, dove nell’aprile scorso si aspettavano 4 mesi e ora si può andare in questura il giorno dopo.
Intanto, proprio Poste Italiane ha annunciato che entro i prossimi mesi le procedure del rilascio verranno attivate presso i propri sportelli in altri 32 capoluoghi di provincia[5] tra cui Venezia, Perugia e Reggio Calabria.
«Nella nostra nuova inchiesta sul rilascio dei passaporti – spiega Federico Cavallo, responsabile relazioni esterne Altroconsumo – abbiamo rilevato rispetto alla precedente ancora dei miglioramenti dei tempi di attesa. Ma i problemi non sono totalmente risolti: le criticità e i lunghi tempi di attesa restano infatti presenti nelle grandi città, come Milano, Torino, Genova, Bergamo, Napoli».
«Le nuove misure introdotte da luglio per il rilascio dei passaporti negli uffici postali hanno in parte risolto la situazione per i cittadini, ma non per tutti, visto che restano criticità in molte grandi città e c’è anche il nodo dei costi – precisa Cavallo – La via del rilascio del passaporto negli uffici postali ha avuto benefici sui tempi, ma purtroppo ha comportato anche una crescita dei costi sostenuti dai cittadini, che sono già tra i più alti d’Europa: il costo complessivo è aumentato, infatti, di altri 14,20 euro, arrivando a ben 130,20 euro».
In conclusione, sottolinea Cavallo, «lo Stato non dovrebbe scaricare sui cittadini i costi originati dalle proprie inefficienze: andrebbero per esempio anche valutate altre soluzioni come rendere i Comuni punti di accesso per fare il passaporto, cosa che accade già in altri Paesi europei. E resta ancora il problema di dover recuperare per forza i bollettini all’ufficio postale per pagare il contributo spese: assurdo che non si possa avere una completa digitalizzazione dei pagamenti, come peraltro previsto dal Codice della Pubblica Amministrazione».
Andrea Lovelock e Fabrizio Condò
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