L’autentica messe di primati raccolti dal turismo in Italia in questi ultimi venti mesi, oltre a decretare in modo inequivocabile la fine di una crisi, quella da Covid, che mai si era vista dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, pone operatori della filiera e analisti del nostro Paese di fronte a un interrogativo che già si sono posti i loro omologhi all’estero: quanto durerà? È il segno di un trend destinato a consolidarsi o una bolla? C’è poi il segnale d’allarme del cambiamento climatico, cavalcato a nostro danno da alcuni Paesi competitor, come la Germania, che già prospettano una penalizzazione delle nostre mete in certi periodi dell’anno. Riportiamo, a beneficio dei nostri lettori, i punti di vista di alcuni tra i principali rappresentanti dell’industria turistica italiana.
Pier Ezhaya, general manager tour operating Gruppo Alpitour e presidente Astoi
Sinceramente non vedo questo grosso cambio dei trend turistici e, se proprio devo andare oltre, credo che l’allarmismo giornalistico sul clima in Italia ci abbia danneggiato molto più di quanto meritassimo. Non sono un negazionista e credo fortemente che si debbano attuare misure per contenere il riscaldamento climatico e avere più cura della salute del nostro pianeta. Detto questo, quando ero bambino e partivamo con la mia famiglia a luglio per le vacanze estive e le macchine non avevano l’aria condizionata, lo facevamo di notte perché di giorno c’erano più di 35 gradi.
Ma torniamo all’attualità: il turismo è dato, da tutte le survey economiche, come un settore in crescita nei prossimi 10-15 anni e questo non credo cambierà; certamente tra un po’ avremo completato di scontare l’effetto “molla” post Covid, quello che è stato chiamato revenge tourism, e quindi la propensione a spendere qualsiasi cifra per tornare a viaggiare si ridurrà e si faranno maggiormente i conti con le possibilità economiche. Detto questo, vedo più un adattamento che un rallentamento; insomma, si aggiusterà un po’ il tiro, ma non prevedo che le persone smetteranno di andare in vacanza.
Riguardo poi ai fattori pricing, packaging e customer satisfaction, per la distribuzione turistica credo che il terzo citato sia quello che maggiormente tratterrà i clienti all’interno del turismo organizzato; la vacanza è diventata un bene primario (anche più costoso, purtroppo) e quindi il miglior risultato è diventato ancor più irrinunciabile. Se sapremo continuare a dare la giusta delivery nella consulenza e nei servizi a destinazione e, soprattutto, se amplieremo la gamma dei prodotti distintivi ed esclusivi non vedo grossi rischi per il nostro comparto.
Guardando all’immediato futuro, temo che nel 2024 avremo ancora qualche strascico nel deficit di offerta aerea: non possiamo pensare che un evento devastante come la pandemia – che ha obbligato molte compagnie aeree a mettere “al prato” tanti aeroplani con altrettanti equipaggi – possa essere archiviata senza un necessario tempo di recupero. Molti pensano che una volta ripartita la domanda i vettori debbano solo riaccendere i motori degli aerei fermi, ma non è così. Quando fermi un aeroplano, riavviarlo richiede molto tempo, così come recuperare equipaggi; e non dimentichiamo i ritardi nelle consegne di macchine nuove. Se per un automobile normale dobbiamo aspettare un anno perché mancano i microchip, proviamo a pensare quanti ne servono in un aeroplano. Quindi, vedo una capacità ancora sottodimensionata rispetto alla domanda. Sicuramente nel 2025 le cose potrebbero migliorare. E non vedo destinazioni più favorite rispetto ad altre.
Flavio Ghiringhelli, presidente Ibar e country manager Emirates
I dati a nostra disposizione confermano come, nello scenario di competizione globale tra destinazioni turistiche, l’Italia sia tra le principali beneficiarie della ripresa del traffico. Questa dinamica particolarmente effervescente compensa, per fortuna, un andamento meno esuberante sul fronte dei viaggi di affari. In prospettiva futura ci aspettiamo che il flusso delle buone notizie sul fronte incoming continui anche a medio termine con la graduale, ma ormai consolidata, ripresa dei flussi dall’Asia.
C’è poi il dibattito sull’overtourism, che non riguarda direttamente le compagnie aeree, ma piuttosto le autorità competenti per la sostenibilità della crescita e per la qualità della vita nei singoli territori; siamo comunque consapevoli della necessità di preservare adeguatamente tutte le peculiarità che fanno dell’Italia un paese unico al mondo e, dal nostro punto di vista, una diversa declinazione della stagionalità potrebbe servire allo scopo diminuendo, nell’interesse di tutti, la pressione sui siti più delicati e i luoghi più visitati. Riguardo al settore aereo nello specifico, più che di deficit dell’offerta, ritengo sia più opportuno parlare di esplosione della domanda: i dati Eurocontrol ci dicono che complessivamente in Europa siamo ormai intorno al -7% nel numero di voli operati giornalmente rispetto al 2019; un gap che in Italia si riduce al -2%. Tutto il comparto del trasporto aereo sta facendo quanto necessario per migliorare la qualità complessiva dell’esperienza di viaggio. Non nascondo che permangono alcuni fattori al di fuori del nostro controllo, come la rigidità del sistema di assistenza alla navigazione e la congestione di alcuni grandi hub europei, che rischiano di riverberarsi anche nel nostro Paese. Stiamo poi lavorando alacremente per soddisfare una domanda che per fortuna non manca e per assicurare gli standard di qualità che i nostri clienti meritano. Come detto, la nostra industria è un ecosistema molto complesso e non di rado la reputazione delle compagnie aeree viene impattata da criticità che riguardano altre componenti della filiera. Non bisogna dimenticare che stiamo emergendo dalla crisi più profonda mai sperimentata dalla aviazione commerciale. Ne usciremo migliori di prima.
Leonardo Massa, managing director Italia di Msc Crociere e di Explora Journeys
Il turismo in Italia, come lo vediamo oggi, è frutto di una combinazione di fattori, e non necessariamente parlerei di “bolla”. La gente ha accumulato reddito in pandemia e nel post Covid stiamo tutti vivendo un momento di forte ripresa. L’Italia viene scelta perché ha livelli di prezzi accessibili rispetto ad altri competitor. Più che una bolla è un’opportunità in termini turistici. Il nodo è se sapremo sfruttare appieno tale opportunità con una programmazione anticipata, con una pianificazione ragionata. Se saremo in grado di gestire tutto questo avremo un buon trend. Se invece ci lasceremo sopraffare offrendo servizi non all’altezza, provocare file ai taxi e spennare clienti nei ristoranti, verremo nel tempo classificati come “il posto non giusto” per fare le vacanze. E c’è poi l’insidia dell’overtourism, dove, a mio avviso, la prima priorità è una regia centrale: far crescere una cultura di impresa a tutti i livelli. Dal tassista all’operatore, dal cameriere all’albergatore. E un tema che si innesta in modo essenziale è la destagionalizzazione: overtourism non è mai tutto l’anno. E allora per gestirlo dovremo essere bravi a destagionalizzarlo, creando una programmazione anticipata. In altre parole rendere appetibile la destinazione 12 mesi l’anno.
Circa, poi, il nostro comparto, quello crocieristico, per Msc questo è stato un anno straordinario e vive dello stato positivo in generale del turismo italiano. Negli ultimi otto mesi abbiamo investito 3,5 miliardi di euro, abbiamo introdotto quattro nuove navi, abbiamo lanciato un nuovo brand nel lusso con Explora. E mi chiedo, quale altro attore, dopo la pandemia, è stato in grado di proporre sul mercato 7.600 camere aggiuntive da novembre ad oggi, pari a 100 hotel da 76 camere? Msc lo ha fatto pensando all’immediato futuro, che sarà davvero stimolante, e le premesse si vedono già quest’anno: nel 2023 nei porti italiani transiteranno qualcosa come 12,5 milioni di clienti e gli italiani che sceglieranno una crociera supererà 1 milione di unità.
Giuseppe Pagliara, amministratore delegato Gruppo Nicolaus-Valtur
È molto difficile fare un’analisi oggi perché stiamo vivendo ancora il rimbalzo post Covid, legato a quei viaggi che erano stati cancellati o rimandati in pandemia. Chiaro che il nostro Paese ha un’offerta turistica immensa e variegata, dalle città d’arte ai borghi, dal mare all’enorme prodotto montagna, passando per siti archeologici e parchi. Forse nessun Paese ha un’offerta così importante in un territorio tanto piccolo. Non credo che l’emergenza climatica possa incidere su di noi più di quanto faccia in altre località del Mediterraneo, come Spagna e Francia (o Portogallo e Grecia) che hanno gli stessi problemi. Addirittura, in luoghi notoriamente “più freschi”, l’impatto è anche più rilevante. Questo per dire che il problema climatico non è solo dell’Italia, ma riguarda tutti. Perciò serve un impegno comune, ben oltre il settore turistico.
Guardando più in generale al futuro del turismo, va detto che la nostra è una filiera complessa, dove la credibilità di un operatore parte e torna su prodotto e cliente. Tra queste due entità c’è un dialogo ininterrotto fatto di ascolto, desideri, promesse mantenute. Perché questa relazione sia basata sulla fiducia, è necessario partire da un’identità di marca solida, che accolga le istanze della domanda e che modelli un prodotto innovativo. Il prodotto è, a sua volta, un’entità composita, fatto di hardware e di un importantissimo software costituito dal servizio. A tenere insieme i due aspetti c’è il “servizio clienti”: non a caso puntiamo molto su questo servizio, tanto da aver conseguito per il secondo anno consecutivo con Valtur il premio Best Italian Customer Service. Lavorare sul prodotto è la prima mission. Puntare all’upscale è quello che ci siamo imposti in quanto, in quel segmento, c’è la possibilità di innovare ancora di più e di sfruttare tutte le tendenze lifestyle che anche a livello internazionale stanno incuriosendo il cliente.
In questo contesto, pricing e revenue sono aspetti fondamentali per la vendita sostenibile. Senza margini non esiste un’azienda duratura poiché non produce valore. Nel turismo organizzato italiano la distribuzione è abbastanza complessa, con tanti elementi di intermediazione che in taluni casi contribuiscono a una dispersione del margine. Bisognerà sempre di più razionalizzare e rendere sostenibili le vendite per tutti (a partire da chi organizza e rischia in proprio con camere e voli), con politiche coordinate, omogenee e multicanale. Probabilmente la specializzazione dei punti vendita porterà vantaggi a chi decide di affidarsi a pochi brand quali partner consolidati.
Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma e proprietario di Roscioli Hotels
Nel turismo è successo qualcosa che negli ultimi 40 anni non era mai avvenuto, che poi questo si chiami “bolla” o “contraccolpo”, tipo Borsa, non saprei. I segnali che riceviamo al momento sono ottimi, sia per i sei mesi rimanenti del 2023, sia per il 2024. Mentre per il 2025, anno del Giubileo, brancoliamo nel buio, basti pensare che ancora non abbiamo le date degli eventi più importanti che il Vaticano dovrebbe già aver stilato. Per quanto riguarda la situazione climatica non mi sembra sia solo l’Italia interessata, non capisco perché si parli solo del caldo da noi, quando in altri Paesi ci sono 52 gradi.
Certo, all’orizzonte abbiamo sfide impegnative; nel settore dell’hôtellerie, ad esempio, dobbiamo dare risposte a tutte le tipologie di ospiti: dal 5 stelle in giù, fino agli ostelli. Abbiamo bisogno di tutti i tipi di turismo, anche perché l’Italia non è tutta uguale: abbiamo la montagna, il mare, le città d’arte, i laghi e la campagna. Sono pochissimi i Paesi che possono vantare tutto questo. Purtroppo la stagionalità spesso molta corta incide sugli investimenti e quindi, a volte, in alcuni territori abbiamo scarsa offerta di turismo di lusso. Credo che se si riuscisse ad allungare la stagionalità si arriverebbe all’obiettivo di un turismo maggiormente qualificato, ma per questo ovviamente non basta far sorgere alberghi a 5 stelle. Si dovrebbero avere infrastrutture migliori di quelle che abbiamo ora, soprattutto per ciò che riguarda i trasporti. E non dipende da noi stakeholder, ma da precise scelte del governo. In tal senso, Roma è stata una scelta vincente: negli ultimi anni i grandi brand internazionali dell’ospitalità hanno scelto la nostra città per investimenti importanti e, a breve, la nostra offerta a 5 stelle sarà finalmente adeguata alle grandi capitali del mondo.
Provando infine a prevedere quali destinazioni nel 2024 potranno risultare vincenti, va considerato che ad oggi solo il mercato americano ha superato i livelli pre Covid, mentre grandi bacini del nostro traffico incoming, come la Cina, la Russia, il Sud-Est asiatico, il Giappone e il Sudamerica, devono ancora recuperare i numeri di qualche anno fa. Ecco, dobbiamo spingere per migliorare questi flussi, anche perché si tratta di turisti altospendenti che portano ricchezza, non solo al settore alberghiero, ma in generale al Pil italiano.
Con questo servizio carico di fiducia nel futuro del travel L’Agenzia di Viaggi Magazine augura ai suoi lettori buona estate. Riprenderemo regolarmente le pubblicazioni online e cartacee a partire dal 28 agosto.