Il turismo secondo Burgio: a tu per tu con il ceo Alpitour
Come presidente del primo Gruppo turistico italiano, Gabriele Burgio, non poteva mancare al primo Hôtellerie Summit Pambianco, che si è tenuto la scorsa settimana a Milano. Alpitour World, si sa, ha una grossa presenza nel settore dell’ospitalità con la gestione diretta e la proprietà di alcune strutture ricettive brandizzate Voihotels e V Retreats, ma nasce tour operator – di cui possiede importanti marchi come Francorosso ed Eden – e nel suo cospicuo paniere ha anche una delle principali compagnie aeree nostrane: quella Neos che realizza metà del fatturato attraverso il Gruppo, l’altra metà anche con competitor della stessa Alpitour.
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Il presidente di Confindustria Alberghi ha detto “piccolo non è bello”. Però L’Italia è fatta di territori minori molto apprezzati e anche di piccole strutture. Lei cosa ne pensa?
«Io non ne posso più di questo discorso. Perché dobbiamo intrometterci nella vita di una famiglia che ha un albergo ed è felice e tranquilla? Perché dobbiamo costringerli in una catena? Che senso ha? La concentrazione c’è stata in tanti settori. In quello bancario: in Spagna si è quasi passati da 150 a 20 banche. In Italia, sono state decimate le Casse di Risparmio. Stessa cosa avviene nella distribuzione. Piano piano tutti i settori andranno in questa direzione anche per una questione di riduzione dei costi. Ma non sono meccanismi che si possono forzare. Certo, qualche escamotage ci sarebbe se, come fatto dal ministero dell’Industria del Giappone, si introducessero facilitazioni fiscali per le fusioni. Allora, se vogliamo che questo settore si concentri, sono necessarie leggi che facilitano tali operazioni. Altrimenti perché qualcuno dovrebbe lasciare quello che fa per vendere la propria attività? Poi davvero “piccolo non è bello”? Ci sono tanti ristorantini che vanno benissimo, guadagnando molto, e tante catene che vanno male. Quindi non dipende dal “cosa” ma dal “come” lo fai. Quanta passione ci metti, che proposta hai».
Voi siete il primo Gruppo per fatturato in Italia. Siete una realtà unica in Italia e ce ne sono poche di successo al mondo che uniscono tour operator, ospitalità e linea aerea. Deve essere molto complicato mettere insieme tutti gli anelli della catena.
«Ad oggi abbiamo trovato un certo equilibrio di redditività, ma è un aspetto che – come dire – va e viene. In Germania c’era una realtà che, come noi, aveva una compagnia aerea, ma poi l’ha venduta; in Spagna, c’è un altro Gruppo importante. Non siamo unici, assolutamente: si tratta di un modello. Piuttosto, come ha detto giustamente la presidente di Aica (Associazione italiana Confindustria Alberghi, ndr) “il fatturato è una vanità, l’utile una virtù”. Quindi noi ci misuriamo più sugli utili. E forse sugli utili, sull’ebitda, almeno a livello industriale, siamo i primi in Italia».
Il numero uno di Starhotels non ha parlato di quanto spende il turista in sé, ma di “quanto vale”. Cioè, della qualità dell’ospite. Esistono turisti disposti a spendere tanto, ma che in qualche modo non danno valore aggiunto al turismo?
«No, direi il contrario. Ci sono turisti, per esempio, che vanno in traghetto a Venezia per una giornata. Questi non lasciano ricchezza in città. Però occupano i servizi, occupano il traffico, sporcano. Il tema è un altro: che ci dovrebbe essere più equilibrio tra la presenza del turista e quello che effettivamente lascia sul territorio. Le città esigono mantenimento, pulizia, rinnovamento. E quindi è sacrosanto pretendere che sia lasciare ricchezza nel luogo che frequentano. Troppo spesso abbiamo facilitato situazioni poco fruttuose, come, per esempio, gli autobus turistici che arrivano in piazza della Scala: io la trovo una scelta medievale. Pullman turistici in via Manzoni con motori accesi d’estate pur di avere l’aria condizionata? Anche no. Vuoi venire in piazza della Scala? Ti fermi a Loreto, prendi la metro che funziona benissimo e li porti dove vuoi. In queste cose siamo un po’ all’antica, francamente».
Lei ha parlato di un momento di ottimismo che vi è costato caro prima del Covid, quando avete tenuto tutto il personale anche se l’attività era ferma. È stato un investimento sulle risorse umane che è costato, ma che ora sta rendendo: gli altri hanno mandato a casa in molti (Lufthansa ad esempio) e ora cancellano voli perché non trovano personale. Quello delle risorse umane è un tema caldo per tutto il settore, dell’ospitalità e non solo.
«Nell’estate 2022 è mancato nel turismo un lavoratore su quattro. A Pasqua, secondo alcune stime, mancherà il 40%. È un fenomeno talmente grande, ormai, che non può essere sopperito dalla buona volontà di chi sceglie di continuare a lavorare nel settore. Una persona non può lavorare per due. Sarebbe poco sicuro e anche poco sano. Abbiamo già sentito di qualche grande ristorante che ha chiuso in Italia per mancanza di personale. Spero che questo non pregiudichi gli alberghi a una, due e tre stelle».
Sono loro l’anello debole?
«Sono quelli che hanno le tariffe più basse e quindi, se una strada per risolvere il problema è pagare di più (anche se secondo me questo è solo uno dei fattori cruciali), i 5 stelle forse potrebbero farlo, gli altri no. Stiamo creando un sistema che escluderà la fascia meno abbiente dalla possibilità di viaggiare? Anche i meno ricchi hanno diritto di vedere piazza San Marco o andare al Vaticano, no? O pensiamo che uno può visitare queste bellezze solo se ha grande disponibilità economica? È una questione importantissima. Noi vorremmo spingere qualche formula per impiegare tutte le risorse al momento libere. Penso agli immigrati che sono per strada e che non hanno lavoro e che, per questo, potrebbero compiere gesti disperati o criminali. Ci piacerebbe anche investire per fare formazione e aiutare queste persone a lavorare, ricevere lo stipendio e vivere con una certa dignità. Però ci sono vincoli così grandi che “passa la voglia”».
Ha detto che attualmente fate 30-35mila preventivi al giorno. Tutti i giorni. Ma che tipo di preventivi sono?
«Dalla settimana alle Maldive al Natale 2023».
Direttamente o con le agenzie?
«Attraverso entrambi i canali, naturalmente».
Immagino quanto lavoro.
«Ormai è tutto informatizzato, visti gli investimenti in tecnologia che abbiamo fatto. Comunque sono cifre incredibili, che neanche noi ci aspettavamo. È davvero una bella soddisfazione se penso che per due anni abbiamo avuto abbiamo avuto settimane in cui il call center non ha mai suonato».