Una notizia cattiva, una buona: rispetto al pre Covid l’Italia ha avuto meno visitatori stranieri in termini numerici, ma i budget da loro investiti sono stati più alti. Ragion per cui, una destinazione turistica – così come un operatore ricettivista – può mantenere alte le performance economiche. Un trend, questo, certificato per il 2022, ma che potrebbe riguardare anche la stagione in corso.
I dati stavolta arrivano dall’indagine di Banca d’Italia alle frontiere, relativa allo scorso anno, rielaborata dal Ciset, Centro Internazionale Studi dell’Economia del Turismo che fa capo all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Cartina di tornasole per l’incoming 2023.
“La preoccupazione per il mancato ritorno dei turisti stranieri ai livelli pre crisi ha tenuto banco tra gli esperti e gli addetti del settore negli ultimi due anni. Il 2022 ha dato segnali importanti di un’inversione di tendenza, nonostante la perdurante chiusura di alcuni importanti mercati asiatici, come Giappone e Cina, e lo scoppio del conflitto russo-ucraino”, scrive il Ciset, che aggiunge: “Una ripresa non sufficiente dei flussi viene, tuttavia, generalmente interpretata come una diminuzione delle entrate turistiche e quindi del fatturato delle imprese, con effetti negativi in termini di occupazione e di impatto economico generale sul territorio”.
E invece no. I dati pubblicati da Bankitalia ed elaborati dai ricercatori veneti propongono un quadro differente: la spesa turistica incoming ha superato i livelli pre pandemici, nonostante gli arrivi siano stati numericamente inferiori.
Molteplici le ragioni dietro tale risultato: il leggero aumento della durata media del soggiorno, il riacutizzarsi dell’inflazione che si è riflessa sulle tariffe e, last but not least, una maggiore propensione alla spesa da parte dei turisti stranieri dopo il “risparmio forzato” del biennio Covid.
Guardando nel dettaglio i numeri della Banca d’Italia, i turisti internazionali in Italia nel 2022 sono stati poco più di 47 milioni, contro 61 milioni nel 2019 (-22,4%), mentre le presenze quasi 310 milioni contro circa 359 milioni nel 2019 (-13,7%). A fronte del calo del numero di turisti in ingresso, le notti sono diminuite di meno. Quindi, chi ha deciso di trascorrere un soggiorno nel nostro Paese ha effettuato una permanenza leggermente più lunga (6,5 giorni contro i 5,9 del 2019).
Inoltre, la spesa media pro capite giornaliera è aumentata di quasi 18 euro: da 110,39 a 128,82 euro (+16,7%). Tale crescita è in parte dovuta all’inflazione (+9,7% tra 2019 e 2022), in parte a un aumento della capacità di spesa dei turisti. Chi ha scelto di venire in Italia nel 2022 aveva un budget destinato alla vacanza più alto, dopo due anni di risparmio “forzato”, oppure lo ha allocato in modo differente tra le diverse voci di spesa. Nel complesso, la spesa totale per turismo incoming nel 2022 ha registrato un incremento del +0,8% rispetto al 2019 (da 39,6 miliardi a 39,9 miliardi di euro).
“Questi numeri – commenta il Ciset – evidenziano come, anche con meno turisti, ma che spendono di più, una destinazione turistica possa comunque ottenere performance positive in termini economici. Inoltre, come vedremo, il risultato è stato raggiunto grazie soprattutto ai mercati di prossimità e al turismo europeo in genere: un’informazione importante per guidare le scelte di comunicazione e marketing, che devono mantenere un occhio di riguardo su questi importanti bacini di clientela. Vedremo se il 2023 confermerà/accentuerà questa tendenza, considerando le proiezioni attuali di crescita della domanda e di andamento dei prezzi”.