Da qui al 2030 i Paesi che investiranno maggiormente nel turismo hanno nomi che oggi nel panorama dell’industria dei viaggi non possono certo dirsi, in termini di perfomance, dei protagonisti di alto profilo: Qatar, Filippine, Mauritius, Georgia e Bahrein, rappresentano infatti delle vere e proprie cenerentole che si affacciano sulla ribalta internazionale con numeri ancora modesti.
Ma a giudicare dal volume di investimenti che sono stati pianificati e monitorati nel rapporto Tourism for Tomorrow del Wttc – World Travel & Tourism Council, certe cifre fanno tremare i polsi.
Basti pensare che Qatar Tourism Authority ha annunciato investimenti per 45,2 miliardi di dollari, pari al +20,8% rispetto allo scorso anno: il suo obiettivo, nonostante il recente boicottaggio di Arabia Saudita, Egitto e altri Paesi arabi per presunti fiancheggiamenti al terrorismo, è quello di totalizzare fra dieci anni non meno di 3 milioni di arrivi turistici, grazie all’evento clou del 2022 (Mondiali di Calcio) e al supporto di una compagnia aerea che attualmente figura tra le prime cinque migliori aerolinee del mondo con piani di espansione davvero invidiabili. Sul versante asiatico, a primeggiare negli investimenti dei prossimi 15 anni saranno il Vietnam e le Filippine, che insieme non raggiungono certo gli introiti turistici della Thailandia (54 miliardi di dollari), ma sono seriamente intenzionate a giocare un nuovo ruolo di outsider nelle proposte di viaggio dei t.o. occidentali con i quali autorità e ricettivisti locali intendono stringere partnership strategiche, favorite dall’ingresso in quei due Paesi di grosse catene alberghiere.
L’espansione degli investimenti passa anche dall’Europa, ma non per merito della classiche superpotenze turistiche come Germania o Francia, bensì per la crescita delle spese nelle infrastrutture (+16%) pianificata dalla Georgia. Infine per il trend a doppia cifra che attiene gli investimenti nel turismo, torna a primeggiare a sorpresa Mauritius, regina delle vacanze esotiche degli anni Novanta e piuttosto in ombra nell’ultimo decennio. Il rilancio di questa destinazione, baciata dalla fortuna di mari e spiagge davvero meravigliosi, parte dalla scommessa del governo locale di ripristinare un feeling vincente con l’industria dei viaggi europea, magari corteggiando il florido mondo delle low cost alla ricerca di nuove aree di sviluppo.
Nelle retrovie, si fa per dire, del volume di investimenti – con crescita a una sola cifra – figurano la Cina (+7%), Israele (+4,7%) e Austria (+2,7%), mentre per la Francia (+2,8%) e l’Italia (+1,8%) l’effetto terrorismo per la prima e le complicazioni burocratiche con relative asfissianti pressioni fiscali per la seconda, rendono davvero marginali gli sforzi per una riqualificazione dell’offerta turistica, almeno in termini di denaro contante speso per le infrastrutture.
Per David Scowsill, presidente e ceo del Wttc, siamo di fronte a uno dei pochi settori ancora in grado di generare numeri di questa portata per investimenti e crescita occupazionale: basti pensare che, se oggi il turismo e il suo indotto assicurano 260 milioni di posti di lavoro, nel 2030, al ritmo di crescita pronosticato del 3-4% annuo, l’industria dei viaggi sarà luogo di lavoro per almeno 450 milioni di persone. E il ritorno alla crescita della classe media assicurerà anche un incremento nel volume dei viaggi leisure soprattutto dall’Asia verso l’Europa.