Da anni ricercatore, economista e appassionato dei fenomeni turistici in Italia, Antonio Preiti – con un passato anche nel consiglio di amministrazione dell’Enit e ora direttore degli studi della società Sociometrica – è oggi più che mai attento osservatore di come si stanno modificando i comportamenti dei viaggiatori italiani (famiglie in primis) in questo cruciale momento di ripartenza, non solo economico-operativa, ma anche psicologica.
«Diciamo subito che il Covid – osserva Preiti – ha ancora una qualche influenza sulla decisione di dove e come fare una vacanza o un viaggio, mentre l’invasione russa dell’Ucraina non sembra modificare granché i programmi degli italiani. Sicuramente l’idea prevalente è di viaggiare in luoghi e con modalità tranquillizzanti, perciò tanta Italia e, a differenza dell’anno scorso, tanta più Europa. A ben vedere il vecchio continente, nel suo insieme, è diventata una meta domestica, adesso il vero significato di “estero” è quando si sceglie un altro continente. Vogliamo stare “più a casa”, e la nostra “casa” è ormai l’Europa».
Ma ci si chiede anche quale conseguenza può aver provocato, negli italiani, l’isolamento forzato di questi ultimi due anni. E quali nuove tendenze si possono già intravvedere nella fenomenologia del turismo in generale. «A dispetto del diluvio di parole del tipo “niente sarà più lo stesso”, che nei primi mesi di pandemia leggevamo dappertutto – evidenzia Preiti – ora possiamo dire che quasi tutto è come prima. È tornato anche l’overtourism, smentendo l’unica “certezza” del Covid: che non vi sarebbero stati più affollamenti, invece ci sono anche quelli. La forza d’inerzia dei comportamenti è straordinaria. Se una tendenza nuova c’è, è quella della domanda crescente di lusso, anche di lusso abbordabile, anche di quello che sembra lusso ma non lo è, anche del lusso che simula il lusso. Nessuno più vuole essere “medio”. C’è una divaricazione formidabile tra quello che i mezzi di informazione dicono che il turismo dovrebbe essere e quello che realmente è. Spesso quando sento parlare di turismo, mi sembra di leggere favole, irrealtà, immaginazioni».
Se non si comprendono i comportamenti reali, se non si parte da essi, riflette Preiti, non si potrà mai adeguare l’offerta alla domanda. Valutazioni che trovano riscontro in una ricerca condotta dalla travel psychologist Francesca Di Pietro che, sulle colonne della rivista “Turismo e Psicologia” della Padova University Press, già un anno fa sosteneva: “Il tempo del viaggio è un tempo di qualità, e per questo è così desiderato, richiesto e anche pagato”.