by Redazione | 8 Maggio 2023 13:05
È partito da Wuhan, epicentro della pandemia, andando fino a Shanghai, il presidente di Quality Group e di Mistral, Michele Serra. Attraverso i suoi account social ha raccontato, giorno dopo giorno, ai propri follower il viaggio-simbolo del post Covid: quello in Cina dove, negli ultimi tre anni di fermo, la sua azienda ha continuato a sostenere i corrispondenti in loco.
Un tour inteso, a tratti mistico, in cui Serra ha riabbracciato gli amici di una vita, riprendendo confidenza con la destinazione a cui, più di tutte, è legato. Un viaggio che si è concluso con un’analisi agrodolce sulla ripartenza turistica del Paese, affidata come sempre a Facebook&Co.
«Vado subito al punto senza preamboli: perché, se la Cina è così affascinante, unica, emozionante e il Paese è ormai aperto senza restrizioni, il turismo internazionale è ancora fermo al palo? Che cosa trattiene il mercato, sempre affamato di novità, dall’invadere la Cina così come ha invaso il Giappone?», si domanda.
«La ragione – riflette – sta evidentemente in un danno di immagine catastrofico (derivato in gran parte dalla vicenda del Covid e dalla sua gestione) che il gigante asiatico ha subito negli ultimi tre anni. Il problema è che nessuno in Cina sembra preoccuparsene: non è la prima volta che riscontro una assenza totale di una qualsiasi strategia di marketing, dovuta evidentemente alla sottovalutazione della valenza del turismo come veicolo di immagine internazionale (il soft power…): in Cina il turismo interessa unicamente per i suoi giganteschi flussi interni».
«Più in generale – racconta Serra – stavolta ho toccato con mano in modo macroscopico il cambiamento epocale della strategia politica: dopo 150 anni, la Cina ha cominciato a scrollarsi di dosso tutte le incrostazioni culturali occidentali e, assimilato da noi tutto ciò che le serviva da un punto di vista scientifico, tecnologico ed economico, si prepara a proseguire per proprio conto: sta rispolverando le proprie radici taoiste e confuciane, si avvia all’autosufficienza tecnologica (prevista per il 2025) e propone con insistenza crescente un approccio multipolare ai problemi del mondo, non più appiattito sul modello liberal-democratico americano. La Cina torna a proporsi al mondo come il Regno di Mezzo, orgogliosamente originale e diversa».
«Giusto o sbagliato che sia – prosegue il numero uno di Quality – io credo che proprio questa sia la chiave di volta per riproporre la Cina nel mercato turistico, riportandola al livello eccelso che le compete: l’opportunità, ormai più unica che rara, di un’avventura nell’ignoto, il fascino della scoperta di un mondo lontano e favoloso, sconosciuto, come 50 anni fa: in un’epoca di globalizzazione, dove ogni differenza è appiattita, abbiamo l’occasione preziosa di confrontarci con una cultura radicalmente diversa, ricchissima e inassimilabile alla nostra (ancorché speculare e, quindi, complementare)».
Ma per Serra «questo vuol anche dire che occorre avvicinarsi alla Cina in modo molto più serio e attento di prima, perché le difficoltà tecniche sono importanti e non si possono prendere sotto gamba: l’inglese è sempre meno diffuso per le strade, nelle stazioni e nelle metropolitane; le nostre carte di credito sono accettate molto meno che un tempo; la crescita esponenziale del turismo interno ha fatto sì che tutti i principali luoghi di interesse siano accessibili unicamente mediante prenotazione e prepagamento con carte di credito cinesi; il cash sta scomparendo progressivamente per essere sostituito da WeChat e Alipay; Google, WhatsApp e Facebook sono oscurati dalla censura informatica».
E infine, una riflessione su tutte: «È tramontata l’epoca dell’improvvisazione, del turismo fai-da-te e degli itinerari fotocopia: un viaggio in Cina va preparato, deve essere adeguatamente assistito (è sconsigliabile muoversi da soli) e deve permettere di entrare profondamente a contatto con la sua cultura eccezionale. Anche per questo abbiamo cambiato i nostri partner storici, rivoluzionando itinerari e servizi e impostando un approccio più moderno e professionale; in questi giorni ci siamo occupati anche di affrontare una per una tutte le problematiche tecniche, a cominciare dai visti online, il wifi portatile, l’accessibilità a Google, i pagamenti elettronici. Chi viaggia con noi in Cina[1] deve sentirsi a casa di amici, benvenuto e accompagnato passo a passo».
«Non ho più voglia di vendere una Cina banale: non se lo merita, e non me lo merito neanch’io», conclude.
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